La scuola Waldorf tra passato e futuro
Informazioni e pensieri raccolti da Andrea Scicchitani per l’introduzione al lavoro del Collegio Insegnanti sul tema “Educazione e socialità: divenire cittadini del mondo”
gennaio 2004
La scuola può essere considerata il ponte e il collegamento tra il bambino e il mondo, tra il bambino e la propria interiorità.
Già nelle denominazioni di molte istituzioni legate al movimento pedagogico steineriano, è possibile intuire il progetto educativo che anela a respirare oltre i muri degli edifici in cui operiamo: Libera Scuola Rudolf Steiner, Libera Scuola Waldorf.
La libertà è un presupposto fondamentale di una vita spirituale creativa. Tuttavia noi viviamo in un’epoca nella quale la tendenza ad una pianificazione sempre più ampia da parte dello stato e dell’industria, peraltro di per sé necessaria, interferisce profondamente nella struttura dell’insegnamento e della ricerca, quindi in tutto il complesso della vita culturale.
Le scuole, i laboratori di ricerca sono spesso considerati strumenti di una lotta concorrenziale internazionale, sia economica che politica. Il fatto che la libertà della vita culturale, anche nei paesi che si definiscono liberi, sia minacciata, è una realtà incontestabile. In tale situazione l’educazione e l’insegnamento hanno un ruolo determinante. Il futuro del genere umano si manifesta già nei bambini. Ogni rinnovamento che avviene nel mondo, tutto ciò che consideriamo creativo, lo dobbiamo in fondo a delle prestazioni individuali ed al loro incremento in seno alla società. Le chances che un individuo ha di attingere alle proprie sorgenti interiori dipendono dalle cure che gli sono state prodigate in gioventù da parte dei suoi educatori ed insegnanti. Il compito fondamentale dell’educatore, più che nell’addestrare nuove leve per la prosecuzione a senso unico di linee di sviluppo tecnologico ed economico prestabilite, consiste nello stimolare le qualità individuali rendendole feconde per la società. L’uomo ha la necessità, per sviluppare il suo potenziale individuale, di crescere libero dalla pressione del potere dello stato e della vita economica, fino a quando egli stesso non sia in grado di cooperare attivamente a tali funzioni sociali.
Oggi più che mai, in un tempo dove le individualità cercano sempre più un’affermazione di sé, si rivela importante una pedagogia che sia in grado di dare al bambino e al giovane la possibilità di trovare il proprio percorso in libertà, senza costrizioni, facendogli incrementare quegli strumenti che possono permettergli di manifestare i propri talenti e peculiarità, per se stesso, per il proprio paese, per il mondo intero.
Questo cammino non può prescindere da un’istituzione scolastica che sappia aiutare l’individuo a inserirsi in un contesto sociale ampio, in un’atmosfera di fiducia, di tolleranza e di interesse per gli altri uomini.
Dalla sua nascita (1919), nella scuola steineriana, bambini e bambine siedono gli uni accanto alle altre, eseguono indifferentemente i compiti proposti, fanno la maglia, cuciono un paio di scarpe. L’insegnamento delle lingue straniere impartito già nelle prime classi aiuta i bambini a cogliere e ad accogliere l’anima di popoli diversi. La storia viene proposta come un susseguirsi di epoche di civiltà, dove ogni popolo della terra ha donato le sue conquiste all’umanità tutta. Nello studio della geografia il nostro pianeta è presentato come un unico organismo vivente:i diversi ambienti sono i suoi organi e le varie razze, con i loro colori e le loro differenze, si riuniscono in una sola, la grande e bella umanità.
Questi sono alcuni frammenti dei temi affrontati nel percorso didattico delle nostre scuole ed è tanto più evidente la loro importanza per quanto ci viene richiesto dai tempi che viviamo, in un contesto pregno di difficoltà. Guardiamo alla nostra appena nata Unione Europea: nonostante i grandi ideali che l’hanno animata nei secoli passati, enorme è la fatica nel cercare di trascendere gli egoismi di parte.
Già nel 1910, a Oslo, Rudolf Steiner avvertiva: “il futuro immediato dell’umanità condurrà gli uomini verso un destino comune, molto più di quanto non sia accaduto sino ad ora”.
Le parole di Steiner evidenziano ciò che oggi è divenuta realtà, anche se la coscienza elaborata dall’uomo contemporaneo è ancora inadeguata alla comprensione di un’evoluzione comune.
Assistiamo oggi ad un conflitto, dal quale nessuno può sentirsi escluso, tra mondo occidentale e Islam; un mondo occidentale che corre sempre più vorticosamente nel baratro del materialismo e certo fondamentalismo islamico che vorrebbe coagulare attorno a sé il sud del mondo, rivolgendosi esclusivamente al mondo spirituale e che manifesta disprezzo e morte per la vita stessa degli uomini.
Contemporaneamente avanza, in modo sempre più incalzante, il cosiddetto processo di globalizzazione, dove però è sempre più evidente che non si tratta di un processo di apertura delle frontiere culturali, politiche, o di una nuova solidarietà tra i popoli, tra le genti, ma di un salto sempre più macroscopico del potere economico dal livello nazionale a quello multinazionale e mondiale.
Parallelamente si sta globalizzando anche la “strage degli innocenti”. Ai 15 milioni di bambini che ogni anno muoiono per cause dovute alla povertà, ai bambini abusati nelle strade di Bangkok e di mille altri paesi, ai bambini arruolati negli eserciti iraniani e palestinesi, ai bambini soldato in Uganda e Sierra Leone, alle centinaia di migliaia di bambini costretti a un super lavoro in cambio di una manciata di riso, bisogna aggiungere un attacco sempre più virulento nei confronti dell’infanzia nel ricco mondo occidentale. Secondo un articolo apparso sulla rivista Reader’s Digest, oggi nei soli Stati Uniti sono circa 10 milioni i bambini che a partire dai pochi mesi di vita assumono un farmaco antidepressivo, il Ritalin, droga più potente della cocaina. Questi farmaci, come tutti gli psicofarmaci, non risolvono le cause che hanno prodotto eventuali patologie, ma addormentano le anime e non permettono all’Io individuale, alla sostanza spirituale di rivelarsi e manifestare la propria ricchezza.
Intanto le giovani menti sono sempre più sole, in mezzo a un mondo di adulti senza tempo, e si destreggiano tra innumerevoli marchingegni tecnologici, nonostante appelli e allarmismi di papi, presidenti, filosofi, psicologi e pedagoghi, quali surrogati di tate o baby sitter in disuso: televisioni, computer, videogame. Il tutto coronato da un’immissione sul mercato di facili possibilità di successo: basta avere un corpo sinuoso e la velina impazza accanto a corpi maschili palestrati e anabolizzati. Corpi che sono sempre più oggetti del desiderio e che vengono utilizzati per bramare altri oggetti attraverso media ininterrottamente invadenti.
Bambini costretti a crescere velocemente, spesso privati di grandi ideali ma con tanti idoli da emulare.
Siamo chiamati a contrastare sempre più quelle forze negative che vogliono animalizzare il corpo, addormentare le anime e meccanizzare le menti, che tentano di escludere un pensiero autonomo e creatore.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato, non certo per creare inquietudini, che nel 2020 la metà dei bambini del mondo sarà colpita da malattie mentali.
L’attacco al mondo dell’infanzia è sempre più palese, un attacco che tende a minare profondamente le forze del futuro, le sole in grado di dare un domani risposte valide alla soluzione dei problemi del tempo in cui viviamo.
Della tragedia in atto, Rudolf Steiner era più che consapevole già un secolo fa e pose il tema dell’educazione come fondamento per superare i problemi della questione sociale. Elaborò la nuova pedagogia, nata nel suo intimo come “figlia della preoccupazione”.
Aveva cominciato a manifestare la sua inquietudine nel 1907 con i suoi primi scritti sulla triarticolazione sociale e sull’educazione, ma non venne compreso. Arrivò poi la grande guerra e nel 1917 riprese gli stessi temi approfondendoli con sempre maggior fervore. Nel 1919, anno di fondazione della prima scuola, la Germania era allo stremo, ridotta alla fame. Rudolf Steiner dedicò tutte le sue energie nelle fabbriche, nelle officine, nelle birrerie, davanti a imprenditori e operai, per portare l’elaborazione dei nuovi pensieri, per cercare di aiutare il popolo tedesco e l’umanità tutta. Riprese i tre ideali della rivoluzione francese e li collocò nelle diverse sfere sociali: la libertà nell’ambito culturale-spirituale, l’uguaglianza nell’ambito giuridico e la fratellanza in quello economico. Il principio della libertà connesso alla vita culturale-spirituale ha un fondamento se si intende quest’ultima non in senso istituzionale, ma come ambito in cui si tratta dell’attività creatrice del pensiero per perseguire nuove mete, nuove conoscenze, nuove idee e ideali.
Nel polo opposto troviamo la vita economica dove si deve provvedere ai bisogni; è l’ambito in cui un uomo, attraverso il suo operare, soddisfa le necessità di altri uomini che ricevono i suoi prodotti. Può, a tutta prima, apparire strano rilevare la fratellanza nella sfera economica, eppure è proprio all’interno di questa, dal momento in cui la divisione del lavoro si è manifestata come necessità nei cicli produttivi, che siamo macroscopicamente collegati gli uni agli altri. Proviamo solo a pensare a un qualunque oggetto di uso quotidiano e avremo l’idea di quante persone ci hanno lavorato prima che arrivasse tra le nostre mani.
Nella vita giuridica deve potersi manifestare la vera uguaglianza; in questo ambito non sono ammissibili differenze di ceto, di denaro, di religione. La libertà nella vita giuridica diventerebbe arbitrio e la fraternità omertà.
Dopo alcuni incontri, su questi temi, con gli operai della fabbrica di sigarette Waldorf, i lavoratori sentirono che il proprio malessere non derivava solo dalla propria condizione economica e materiale, ma anche e soprattutto da una grande frustrazione dovuta al proprio livello di crescita culturale e spirituale. Chiesero così a Rudolf Steiner la possibilità di fare qualcosa non tanto per loro, quanto per i propri figli. Grazie al sostegno di Emil Molt, imprenditore della fabbrica di sigarette, nacque la prima scuola Waldorf nel settembre del 1919, su un intenso impulso sociale. I figli degli operai erano circa 190 e solo alcune decine i figli di antroposofi. Alla morte di Steiner (marzo 1925) la scuola contava 900 alunni.
Invitato da insegnanti di diverse istituzioni scolastiche in Germania, Svizzera, Olanda, Inghilterra, Rudolf Steiner tenne un’ampia serie di conferenze pedagogiche lasciando quei semi che in seguito portarono alla nascita di nuove scuole.
Sotto il nazismo, le scuole Waldorf vennero chiuse perché ritenute un ostacolo per il pensiero nazional-socialista. Molti insegnanti emigrarono portando la nuova pedagogia nelle diverse parti del mondo.
Nel 1960 le scuole Waldorf-Steiner erano 65, sparse in 15 paesi; oggi sono circa 900 e 1600 gli asili, presenti in tutti i continenti del mondo.
L’espandersi della pedagogia steineriana in tutto il mondo non nasce però da un impulso missionario europeo o da una sorta di imperialismo culturale. Il piano di studi delle scuole Waldorf non può venire semplicemente trapiantato in un altro ambito culturale come una ricetta buona per tutti gli usi, ma richiede necessariamente un’integrazione nel mondo sociale e culturale di ogni regione.
Una scuola Waldorf che opera in una favela brasiliana è molto diversa da una scuola Waldorf di Manhattan. L’immersione della nostra pedagogia nella multiforme realtà delle diverse culture della terra comporta anche e soprattutto un problema di formazione degli insegnanti.
Assumono nel presente sempre più significato le parole date da Rudolf Steiner ai futuri educatori, nella prima conferenza di “Antropologia generale”:
“Potremo arrivare a compiere giustamente il nostro compito, se lo considereremo riguardante non solo l’intelletto e il sentimento, ma soprattutto, in sommo grado, la moralità e la spiritualità. Molto dipenderà dal fatto che noi, sin dall’inizio, impariamo a comprendere che dobbiamo dare al nostro lavoro un indirizzo adatto alla nostra epoca…Dedicandoci al nostro lavoro non dimentichiamo che tutta la cultura contemporanea è basata sull’egoismo degli uomini… C’è una grande differenza, e questa non dipende solo dall’essere un insegnante più abile dell’altro nell’applicare espedienti pedagogici esteriori; la differenza essenziale, quella che veramente opera nell’insegnamento, sta nella direzione che il maestro imprime ai suoi pensieri durante tutta la giornata, e porta con sé quando entra in classe.”
In questo nostro tempo nel quale dominano le più basse passioni umane e gli egoismi, solo un continuo sforzo a trascendere la propria personalità, la propria egoità, può sostenere gli educatori nei compiti del presente, attingendo a quella forza meravigliosa capace da sola di trasformare la vita e di cambiare le sorti del mondo: la forza dell’amore.