Noi, i nostri bambini e gli angeli custodi
di Mauro Vaccani
Introduzione
L’incontro di questa sera conclude un breve itinerario di tre serate, ideato come occasione per riflettere su tre aspetti importanti della vita dei bambini:
- quelli più schiettamente corporei
- quelli più specificatamente animici
- infine, questa sera, le dimensioni più squisitamente spirituali.
Ognuno di noi, infatti, ha in sé le dimensioni fondamentali del corpo, dell’anima e dello spirito, e la pedagogia steineriana si propone essenzialmente di essere un processo educativo che si svolge e cura anche lo sviluppo dell’anima e dello spirito, non solo dell’intellettualità cerebrale.
Oggi il termine “anima” forse risuona ancora dentro gli ascoltatori, rivela un significato, magari vago, almeno in qualcuno. Ma se dico “spirito” mi pare che navighiamo nel buio.
Pochissime persone hanno un concetto chiaro di quale sia la dimensione spirituale della loro personalità.
Un piccolo passo che si può fare facilmente per formarsi almeno un’idea iniziale di cosa sia lo spirito, la realtà spirituale, è quello di pensarlo in riferimento a noi ed in riferimento al cosmo, e di far tutto questo in chiave di essere, di persona e non solo di pensiero. Se penso, quanti, allo spirito di tutto il cosmo uso più correttamente la parola Dio, mentre se lo riferisco a me stesso, alla mia individualità, allora è più appropriata la parola Io.
Sarà casuale la relativa somiglianza.
Questa sera ci occuperemo degli Esseri spirituali più prossimi a noi gli Angeli, e lo faremo soprattutto in chiave pedagogica ed educativa.
Gli Angeli sono “tornati di moda”, negli ultimi tempi, dopo alcuni decenni di trascuratezza e di dimenticanza. Si pensi al famoso film del 1987 “Il cielo sopra Berlino”, oppure alla diffusissima new age. Oggi trovate gli Angeli anche nelle boutiques, e capita pure di sentirne parlare in tutti i contesti, anche quelli per nulla religiosi.
Questo fatto non mi piace molto perché il rinnovato interesse per il mondo angelico mi pare un po’ melenso, strano, molto emozionale.
Io vorrei battere, questa sera, una strada completamente diversa: vorrei partire dalle nostre radici, cioè il cristianesimo, e vorrei usare le “ali” che ci offre la scienza dello spirito di Rudolf Steiner per indagare la meravigliosa e importantissima realtà degli Angeli Custodi. Al prevalente sentimento, tipico dell’approccio recente al mondo angelico, vorrei contrapporre un itinerario che si caratterizzi, invece, per solide basi di pensiero e per proficui sviluppi nella sfera della volontà. Gli angeli non ci sono per farci provare emozioni, ma affinché noi li conosciamo e collaboriamo attivamente con loro, soprattutto nei processi educativi dei bambini.
1. Perché parlare di queste cose in una scuola steineriana?
Qualcuno potrebbe chiedersi: ma cosa c’entra questo argomento con la pedagogia steineriana?
Non è forse un tema “cattolico”, e l’ambiente più adatto per svilupparlo non sarebbero, quindi, le scuole cattoliche?
Se così fosse sarei ben felice, ma sfido chiunque a segnalarmi iniziative di questo tipo in quegli ambiti. Sarei lieto di perdere la scommessa.
In ambiti più tradizionalmente religiosi si sconta, ancor oggi, il disinteresse che si è sviluppato negli ultimi decenni verso le realtà spirituali intermedie fra noi e Dio che sono, secondo la miglior tradizione cattolica che ha le sue radici in Dionigi Aeropagita ed è stata elaborata da Tommaso (e da Dante): gli Angeli, gli Arcangeli, i Principati, le Podestà, le Virtù le Dominazioni, i Troni, i Cherubini ed i Serafini. E’ diffusa l’opinione, anche fra teologi e sacerdoti, che gli angeli non ci siano e quindi, tanto meno, abbiano a che fare con le pratiche educative.
Invece il tema della nostra serata è particolarmente coerente con i principi di fondo della pedagogia steineriana, la quale è, a mio avviso, la corrente pedagogica più cristiana che ci sia nell’attuale panorama educativo.
Per documentare questa affermazione dovrei aprire una lunga parentesi, che richiederebbe tempo e ci porterebbe lontano dal tema della serata. Posso, del tutto indicativamente, segnalare solo una traccia. La pedagogia steineriana è profondamente cristiana perché si propone di educare non solo il corpo, ma anche l’anima e lo spirito del bambino. I tre principi ispiratori fondamentali che essa postula per i tre settenni iniziali della vita hanno le loro radici in precise sentenze evangeliche:
I° settennio:”Fatevi miei imitatori”
II°settennio: “Insegnava loro con autorità, e non come gli scribi”
III°settennio: “La verità vi farà liberi”
Ma la stessa didattica ordinaria delle scuole steineriane contiene un’infinità di elementi cristiani: si pensi alla preghiera mattutina, per esempio, alle feste dell’anno, ai lunedì d’Avvento, alle rappresentazioni natalizie…Certo, nella prassi di molte scuole è anche possibile che queste attività siano vissute senza quell’intima e profonda religiosità che esse richiederebbero, tuttavia, almeno a livello di principio, così dovrebbe essere.
Quindi, per concludere: l’argomento è pertinente ed utile, anche perché noi stessi corriamo continuamente il rischio di ridurre la nostra pedagogia ad una metodica senza anima e senza spirito, minandola, così, alle sue basi.
2. Alcune affermazioni di fondo per cominciare a ragionare.
La prima è relativamente semplice: esistono, oltre agli esseri fisicamente percettibili coi mezzi ordinari, anche altri Esseri spirituali non immediatamente percettibili (ma non per questo del tutto impercettibili) che:
a) vivono nel cosmo
b) hanno una stretta relazione con l’uomo, con la sua storia e con la sua vita.
Esseri spirituali, quindi, che esistono, vivono ed interagiscono con noi.
Nel quadro, in sé molto complesso, degli Esseri spirituali un gruppo ben determinato viene identificato col nome di “Gerarchie angeliche” (quelle che ho elencato prima). Esse si situano immediatamente al di sopra di noi esseri umani, nell’ordine ascensionale che va dalla materia allo spirito, e proprio per la loro vicinanza a noi sono molto coinvolte, a vari livelli, con la nostra esistenza. Tutte le grandi tradizioni spirituali dell’umanità ne parlano, a partire dalle più antiche e fino all’ebraismo ed al cristianesimo. Perfino l’islamismo le contempla. Ma poche tradizioni spirituali come quella cristiana sottolineano così risolutamente l’intima relazione, anzi, l’interrelazione che esiste fra noi e loro.
3.Cosa ne deriva, essenzialmente?
Direi che due sono le conseguenze dirette delle affermazioni precedenti:
a) un forte impulso terapeutico
b) uno stimolo potente a superare la sopravvalutazione di noi stessi, la “autocentratura” di cui soffrono tutti coloro che sono convinti di essere gli unici esseri che esistono a questo mondo.
Quelli che, in altre parole, dicono: ci siamo solo noi uomini, e quindi siamo noi i padroni del mondo e del nostro destino.
Per quanto riguarda il carattere terapeutico nei confronti del materialismo che porta in sé la coscienza dell’esistenza, della relazione e dell’interazione delle Gerarchie con noi vorrei, pur brevemente, riepilogare un’argomentazione che Steiner sviluppa spesso. La riassumo:
v in una fase antica, durata circa fino a tutto il Medioevo, l’uomo era profondamente immerso nel mondo spirituale;
v nella fase successiva, affinché si potesse sviluppare l’anima cosciente, cioè la coscienza individuale, divenne necessaria un’immersione nella materia, l’unico modo per poterci individualizzare. Quindi il materialismo è stato necessario;
v ma ciò che è stato bene nel momento giusto non rimane sempre tale.
Ora quella fase materialistica va superata per poter ritrovare lo spirito, ma non nella forma del passato, cioè a livello di popolo o di anima di gruppo. Ora dobbiamo ritrovare lo spirito in modo individuale e cosciente.
Nella pratica della vita di tutti i giorni, dice sempre Steiner, una delle cause più decisive che ci ha immersi profondamente nel materialismo è stata la dimenticanza delle Gerarchie e dei nostri defunti.
Rispetto al passato gli Angeli ed i nostri morti sono davvero dei “dimenticati”, e questo è successo nella vita di ognuno di noi.
Ne consegue che se vogliamo concretamente e realmente ritrovare una relazione col mondo e con gli Esseri spirituali dobbiamo superare questa dimenticanza, e cercare di costruire un nuovo rapporto sia con le Gerarchie che coi mostri morti.
L’altra considerazione riguarda il fatto che questa relazione ritrovata è uno stimolo potente a superare la sopravvalutazione di noi stessi e la nostra “autocentratura”.
Siamo tutti affetti da questa “patologia animica”: tutti ci sopravvalutiamo e siamo molto autocentranti,
a) perché i mezzi che abbiamo ora a disposizione ci fanno sentire dei Padreterno;
b) perché abbiamo vissuto le varie “liberazioni” (della donna, sessuale, morale…) ed ora siam convinti di poter fare quello che vogliamo;
c) perché se non c’è nessuno sopra di noi, né esiste qualcosa dopo la morte, allora val proprio la pena di “cogliere l’attimo fuggente…”
Anche un approccio meramente intellettuale all’antroposofia potrebbe incrementare la nostra autocentratura: se siamo convinti che lo sviluppo del nostro Io, della nostra individualità si possa e si debba fare anche a scapito degli altri, se ci sembra che niente e nessuno debba frapporsi al potenziamento dei nostri “talenti”, se le responsabilità educative e sociali che abbiamo vengono sempre dopo le nostre “trovate”, allora andiamo esattamente nella direzione opposta rispetto a quella che sto indicando.
Diventa terapeutico, allora, riconoscere che esistono altri Esseri che sono sopra di noi e vengono prima di noi, e che noi siamo inseriti in un mondo spirituale armonico dove non ci siamo né operiamo solo noi.
Per rendere più comprensibile questo ragionamento vorrei ricorrere ad un’immagine: rappresentiamoci di passare dal “punto” in cui siamo ora, in piena “autocentratura”, alla linea orizzontale che esprime, invece, il nostro vivo interesse per gli altri che ci circondano.
Da lì il terzo passo è quello di sentirsi inseriti in una linea verticale che sale verso le Gerarchie e scende verso gli Esseri elementari. Si giunge, infine, alla grande immagine finale della croce, nella quale noi, per certi versi, siamo ancora al centro, là dove le braccia si incrociano, ma non siamo più solo un punto:sopra di noi ci sono le Gerarchie, sotto gli Esseri elementari e intorno a noi ci sono gli altri.
4. Gli Angeli Custodi
Entriamo più decisamente nel tema della serata e cominciamo a parlare degli Angeli Custodi, gli Esseri delle Gerarchie a noi più vicini.
Trascuriamo, in questa sede, una serie di argomentazioni schiettamente conoscitive, che potremo sviluppare in altre occasioni, magari partendo da ciò che dice la Sacra Scrittura, proseguendo con le conoscenze che ci ha trasmesso il grande discepolo dell’apostolo Paolo, Dionigi Aeropagita, elaborate, poi, da S:Tommaso d’Aquino e messe in poesia, se si vuole, da Dante nel suo “Paradiso”. Dopo di loro, per quanto ne sappia io, solo Rudolf Steiner ha data all’umanità una descrizione ampia e profonda della realtà degli Angeli. Ma non è di tutto questo che dobbiamo occuparci questa sera.
Preferisco proporvi tre piccoli spunti che, pur essendo conoscitivi, sono essenzialmente pratici, cioè utilizzabili subito per cominciare a trasformare la nostra interiorità ed apprendere, così, una possibilità di interazione col nostro Angelo.
Imparare a memoria, per cortesia, il seguente versetto del salmo 90(91), 11:
Egli darà ordine ai suoi Angeli
di custodirti in tutti i tuoi passi.
Sulle loro ali ti porteranno
perché non inciampi nella pietra il tuo piede.
Camminerai su aspidi e vipere
schiaccerai leoni e draghi.
Sono immagini efficaci, tratte da un salmo molto bello, che la tradizione monastica benedettina faceva ripetere ai monaci ogni sera, per 364 giorni l’anno, immediatamente prima di andare a dormire.
Esprimono ottimamente la protezione che ci offrono i nostri Angeli. Sia quella notturna, quando noi entriamo nei mondi spirituali, che quella diurna, quando le pietre di inciampo, gli aspidi, le vipere, i leoni ed i draghi si presentano effettivamente, sotto varie forme, nel trascorrere consueto della giornata.
Un’altra attività intelligente, che radica dentro di noi la coscienza dell’operare custoditivo degli Angeli nei nostri confronti, è la lettura del libro di Tobia, un libretto di 14 capitoli, che si legge molto piacevolmente, e si trova nell’Antico Testamento.
La storia lì raccontata, molto emozionante anche in sé, è altamente sapienziale. Dovremmo conoscerla con quel grado di certezza che ci permetta, poi, di raccontarla ai nostri bambini come raccontare le fiabe. Se deponiamo nei cuori dei fanciulli l’emozione che suscita la storia del piccolo cieco Tobia accompagnato e custodito dall’angelo Raffaele (non fa niente, per, ora, il fatto che Egli sia un Arcangelo) allora siamo riusciti a compiere una delle operazioni di “educazione religiosa” più efficaci di tutta l’esistenza, Porterà frutti per tutta la vita. Ma la promessa, ovviamente, è che siamo riusciti noi adulti a costruire un rapporto profondo con quel testo.
La terza proposta è più di tipo meditativo. C’è un versetto evangelico che mi ha sempre molto colpito: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché Io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Mt.18,10).
San Gerolamo, commentando questo testo, scriveva:”E’ tanto grande la dignità delle anime che ciascuna di esse, fin dalla nascita, ha un angelo deputato alla sua custodia” (Comm.In Math.III,18;P.L.26,135).
A parte il fatto che basterebbero queste parole per smentire tutti i dubbi dei teologi sull’esistenza degli Angeli, vorrei farvi notare che quel versetto evangelico rappresenta anche un tremendo richiamo alle nostre responsabilità educative.
Se qualcuno sul meditarlo seriamente legga anche i nove versetti precedenti, nei quali il tema è sintetizzabile nella domanda: ”Chi è il più grande?”. Poi si concentri, per esempio, sul verbo ”disprezzare”: nel testo originale greco il verbo è composto da una preposizione che significa “in basso” e da un verbo vero e proprio che significa “pensare”. Dunque il disprezzare evangelico è un “pensare in basso”. Se così stanno le cose quante volte noi “disprezziamo”, cioè “pensiamo in basso” (e non “in alto”, come dovremmo) i nostri bambini! Concludete poi tutta l’operazione meditativa riflettendo anche sui versetti immediatamente successivi: Mt.18, 12-14.
5. Gli angeli custodi e le tappe della vita del bambino
Adesso proviamo a ripercorrere le tappe della vita di un bambino e cerchiamo di scoprire, per ognuna di esse, quale potrebbe essere la relazione intelligente che possiamo intrecciare col suo Angelo Custode, nel susseguirsi dei vari momenti.
Cominciamo con il periodo della gravidanza. Credo sia inutile ricordarvi, in questo contesto, che tutti i bambini vengono dal cielo (e non vengono “fatti” dai loro genitori i quali, tutt’al più, collaborano alla predisposizione del corpo fisico del bambino, ma non di tutto il resto). Nella Bibbia ci sono una quantità di gravidanze e di nascine “annunciate” ai genitori dagli Angeli. Sarà un caso? Pensiamo ad Abramo e Sara, che ricevono l’annuncio della nascita di Isacco (Genesi 18), oppure a Zaccaria ed Elisabetta, genitori di Giovanni Battista, Maria e Giuseppe, che riceveranno dal cielo Gesù (non perché questo è destino solo Suo, ma perché Lui è il grande prototipo di tutti noi). Potete leggere queste due bellissime vicende nel primo capitolo di Luca. Potrei accennarvi anche al fatto che gli Angeli portano la notizia del superamento della “sterilità”, come nel caso di Elkana ed Anna, che poi concepirà il profeta Samuele, ma lo spunto ci porterebbe lontano, perché ci mostrerebbe come siano possibili anche “procreazioni assistite” non solo dalle provette ma anche dal cielo.
Ritorniamo all’essenza del fenomeno: l’individualità che sta per nascere, la quale ovviamente esiste anche prima di nascere fisicamente sulla terra, viene accompagnata dal cielo sulla terra dagli Angeli, e, in particolare, dall’Angelo Custode.
Gli Angeli, infatti, sono le nostre guide nel periodo fra la morte e una nuova nascita, perché mantengono la memoria della nostra individualità da una vita all’altra. Provate a riflettere sulle seguenti parole di Steiner: “Qual nesso vi sarebbe mai tra le diverse incarnazioni di un uomo sulla Terra, il quale ancora non ricordi le sue incarnazioni precedenti, se non vi fossero certe entità le quali, per così dire, collegano tra loro le diverse incarnazioni, e vegliano sul progressivo sviluppo dell’uomo da un’incarnazione all’altra? Per ogni individuo umano dobbiamo presupporre un’entità che, per il fatto di essere di un grado superiore all’uomo, conduce l’individualità a passare da un’incarnazione all’altra.Va però notato che queste non sono le entità che regolano Karma e delle quali parleremo in seguito; queste sono semplicemente entità custodi, le quali serbano memoria dall’una all’altra incarnazione fino a che l’uomo non sia in grado di serbarla per sé. Queste entità sono appunto gli Angeli. Possiamo dunque dire che ogni uomo è, in ogni incarnazione, una persona, ma che su ciascuno veglia un’entità la quale ha una coscienza che va da incarnazione a incarnazione. Per questo fatto l’uomo che ai primi gradi di iniziazione non sa ancora nulla per scienza propria delle sue incarnazioni precedenti, acquista però la possibilità di interrogare, in proposito, il suo Angelo. Ciò è assolutamente possibile a certi gradi inferiori dell’iniziazione. Possiamo dunque dire: gli esseri angelici stanno un grado più su degli uomini, hanno il compito di vegliare su tutto lo svolgimento del filo umano che per la singola individualità passa attraverso le successive incarnazioni”( R. Steiner, Gerarchie spirituali, pp.83/4).
Lo dico in parole molto più semplici: i nostri angeli ci “prelevano” dal momento esatto del distacco della nostra anima dal corpo fisico (il terzo giorno dopo la morte) e ci accompagnano per tutto il lunghissimo tempo che va fino al nostro rientro nell’esistenza fisica. Quando ero bambino ricordo che quando la bara usciva dalla chiesa per avviarsi al cimitero veniva cantata una bellissima antifona: “In Paradisum perducant te Angeli…”. Pensate che sia solo una bella immagine?
Ma ora chiediamoci: come possiamo partecipare con la nostra coscienza a questi processi spirituali?
Nel caso del ritorno ai mondi spirituali mi pare che l’atteggiamento di fondo sia quello del lasciarlo andare, del non volerlo egoisticamente trattenere. Nel caso, invece, della venuta di un’individualità dal mondo spirituale a quello fisico, che è proprio ciò che avviene durante una gravidanza, forse sarebbe utile, per interagire con l’Angelo accompagnatore, avere ben presente e ripetere sovente questa bellissima preghiera di Rudolf Steiner:
E l’anima del bambino
sia a me donata
dai mondi dello spirito
secondo il Vostro volere
Ed il modo più opportuno di ripeterla è quella di compenetrarsi profondamente del significato e della verità assoluta di queste parole, che hanno un grado di veridicità spirituale assoluta.
Viene finalmente il momento della nascita. Se ripensiamo un istante alla nascita del Bambin Gesù nella capanna di Betlemme, come è raccontata nel vangelo di Luca, ricorderemo certamente il ruolo svolto dagli Angeli sia nell’annunciare la notizia ai pastori che nel lodare Dio dicendo “Gloria nel più alto dei cieli”. Dunque attorno alla culla di Gesù bambino c’era una moltitudine di Angeli.
Proviamo a immergerci profondamente in questa bellissima immagine natalizia e chiediamoci, ancora una volta: è stato così solo per il Bambin Gesù o, in realtà, è così per tutti i bambini? Attorno alle culle dei nostri bambini ci sono gli Angeli?
Io conosco diverse mamme che hanno la bella abitudine di appendere gli angioletti, di stoffa o di lana, sempre bellissimi, intorno alla culla del loro bambino. E’ una buona abitudine, non c’è che dire, ma essa sarebbe infinitamente più significativa se questi angioletti fossero espressione sensorialmente percepibile della realtà della quale io mamma, io papà ho adeguata coscienza, e cioè che attorno alla culla del mio bimbo ci sono effettivamente gli Angeli che cantano “Gloria a Dio nel più alto dei cieli”. Se è così allora io devo fare ogni sforzo animico possibile che mi permetta, non solo di “sentirli”, ma anche di partecipare al coro.
Io sono convinto che le ninne nanne sono sorte come espressione del tentativo degli uomini di “partecipare” alla coralità angelica che c’è attorno alle culle.
Vengono, poi, i bellissimi anni dell’infanzia. Ora la funzione essenziale che svolgono gli Angeli è proprio quella di “custodire” il bambino che cresce.
Il verbo va inteso nei suoi due sensi:
a) “proteggere”
b) “far crescere” (quando Paolo, rivolgendosi a Timoteo, dice “custodisci il deposito che ti è stato affidato”, che non sono i soldi della cassa ma le anime delle persone, non intende solo la protezione, ma anche l’accrescimento di ognuna di esse).
Un’ulteriore specificazione della custodia angelica dei bambini in questo periodo è espressa dalla straordinaria preghiera, che spero tutti ancora ricordino (altrimenti posso anche ristudiarla a memoria ora):
“Angelo di Dio che sei il mio Custode, illumina, custodisci, reggi e governa me. Che ti fui affidato dalla pietà Celeste. Amen”
In latino è in rima, ed è quindi più bella e più adatta per i processi del nostro sistema ritmico:
“Angeli Dei, qui custos es mei,
me tibi commissum pietate superna,
illumina, custodi, rege et guberna”.
E’ del tutto evidente che i quattro verbi dell’operare angelico si riferiscano alle quattro parti costitutive umane. L’Angelo Custode:
Illumina l’Io
custodisce il corpo astrale (anima)
regge il corpo eterico (processi vitali)
governa il corpo fisico.
Quanti pensieri si potrebbero intrecciare su questa constatazione! Ci vorrebbe tutta una serata per poter andare minimamente in fondo solo di questo straordinario parallelismo. Ognuno di noi lo potrà fare, con le sue forze e capacità di riflessione, Qui mi soffermo solo sull’aspetto del “custodire”, che è riferito specificatamente all’anima, quella parte costitutiva del bambino sulla quale dovrebbero concentrarsi le nostre attenzioni educative nel secondo settennio, cioè quello dell’infanzia e della pubertà, mentre il corpo è stato essenziale nel primo settennio e lo spirito lo sarà nell’adolescenza e nella giovinezza.
Questo spunto mi permette di accennare anche il problema della durata della custodia angelica nei nostri confronti. Finora abbiamo scoperto che gli Angeli presiedono il nostro post mortem; ora possiamo aggiungere che, in linea di massima, custodiscono tutta la nostra esistenza ma, se vogliamo essere precisi, si occupano in particolare degli anni che preparano alla piena evoluzione ed emancipazione dello spirito, cioè dell’Io di ognuno di noi. Sono, cioè, proprio gli anni del secondo settennio, come ha sempre sostenuto la tradizione cristiana. Aveva ragione, ed ora ne abbiamo individuato il motivo.
Ma, chiediamoci ora, quale può essere una nostra relazione attiva col custodire angelico dei nostri bambini, il quale c’è sempre, anche quando noi non ne siamo coscienti? Come possiamo coscientemente collaborare?
Se radico dentro di me la certezza interiore che gli Angeli Custodi ci sono e fanno bene il loro mestiere, ne consegue che:
a) non mi de-responsabilizzo, perché mi rendo conto che quando vedo intorno a me sciatteria, trasandatezza, pressappochismo, superficialità, allora anch’io sono portato a diventar così, mentre invece se sono a contatto con persone serie, precise, affidabili, responsabilizzate, tutto questo mi aiuta ad assumere in me quei valori. Ora si tratta di imparare a farlo anche in una relazione di tipo spirituale;
b) supero quell’apprensione, quell’iper protettivismo che caratterizzano l’argine di tanti educatori insicuri di oggi (e che ha effetti devastanti sul rafforzamento della personalità del bambino), perché sono sicuro di avere uno straordinario ed efficientissimo collaboratore.
Fatta questa bella operazione, magari, dopo un po’ di tempo, posso provare a fare un ulteriore passo avanti: incomincio ad interpellare esplicitamente l’Angelo Custode del mio bambino nelle fasi di passaggio evolutivo, nei momenti difficili, quando non sono più sicuro dell’adeguatezza del mio agire educativo. Scopro, così, che oltre agli “psicologi” (“psiche” in greco vuol dire anima) terrestri, ce ne sono anche di quelli “celesti”, i quali, senza nulla togliere ai primi, forse sono anche un po’ più competenti. Ma per chiedere bisogna essere certi che gli Angeli ci sono ed operano, altrimenti è solo “fiction”. Inoltre bisogna sapere che la risposta alla nostra domanda arriverà quando loro, che la sanno molto più lunga di noi, ci giudicheranno maturi e pronti per accoglierla. Il Vangelo ci ricorda che le “perle” (ed un parere angelico è certo tale) “non vanno gettate ai porci…”.
Conclusione: noi, gli Angeli e i bambini degli altri
Vorrei riallacciarmi, per concludere, ad un pensiero espresso in apertura: gli Angeli ci aiutano a vincere la nostra “autocentratura”. Ora: uno degli aspetti di questa autocentratura è il fatto di tenere addosso i nostri occhi sempre e solo ai nostri bambini. Non è il caso che esemplifichi quanto egoismo ci sia in giro al riguardo : le “colpe” sono sempre gli altri; il mio “piccolo idolo” ha sempre ragione…Se è così, e se anche noi soffriamo un po’ di questa malattia, allora sarebbe altamente terapeutico, soprattutto per la nostra anima:
a) pregare anche per i bambini degli altri, e farlo in modo ordinato, sistematico;
b) avvolgerli coi pensieri “custoditivi” quando li vediamo sballottati nelle situazioni più negative che si possano immaginare per loro e che, purtroppo, sono molto quotidiane: i supermercati super illuminati e super ricchi di percezioni; le feste danzanti estive coi piccolissimi in mostra ed in esibizione da parte delle giovani mamme (o nonne); tutti quegli ambienti e quelle situazioni dove basterebbe un minimo di buon senso per capire che lì un bambino soffre.
Impariamo a trasformare il nostro dolore in pensieri e sentimenti d’amore.