Visita alla scuola con i maestri: la pedagogia Waldorf in otto classi
Rossella Verga
Nel giorno della scuola aperta il maestro diventa un po’ come Virgilio per Dante. Accompagna i nuovi genitori nel viaggio alla scoperta della pedagogia steineriana, attraverso i colori delle pareti che cambiano di anno in anno, i materiali che sapientemente vengono trasformati dalle mani dei bambini, i quaderni che raccontano molto più della didattica, ma soprattutto attraverso esperienze ed emozioni. Tutte le materie sono accompagnate dalla prospettiva artistica e la musica è sempre presente: in principio solo il flauto e dalla quarta la scelta dello strumento, per arrivare all’orchestra di classe. Il lavoro manuale è un immancabile nutrimento della mente. Visitare la nostra scuola – prima l’asilo, poi l’ala dei piccoli e infine quella dei grandi – è molto di più di un percorso fisico: è un cammino di crescita immaginaria che si snoda di aula in aula con il filo stesso della pedagogia Waldorf. Un piccolo viaggio nel metodo che si rifà a Rudolf Steiner e termina in fondo al ciclo di otto anni (l’equivalente di elementari e medie insieme), oltre la porta della Libera Scuola di via Pini.
La prima tappa per i genitori è all’asilo “Fior di pesco”. I maestri accompagnano le mamme e i papà a scoprire le due stanze che accolgono i più piccini, dai 3 ai 6 anni. Quello che colpisce subito è la grande attenzione alla scelta dei materiali, tutti naturali. Anche i giocattoli sono in legno e sono semplici, essenziali, quasi archetipici. Lo scopo è di lasciare il più possibile libera di esprimersi la fantasia dei bambini. Le pareti delle classi sono rosa per comunicare il senso dell’accoglienza (non dimentichiamo che il bambino dentro la pancia della mamma vede tutto fucsia). Si inizia a manipolare la cera, ma anche la farina per fare il pane.
In fondo al corridoio si apre una porta, e voilà la scuola elementare. Si intravvede subito la prima classe, appena un pochino più in là dell’asilo. I muri sono ancora rosa, ma di un tono più forte. Tra queste pareti accade una sorta di rivoluzione: per la prima volta infatti si richiede al bambino di stare seduto frontalmente rispetto all’insegnante e la principale attività non è più il gioco, com’era stato finora. Ma il passaggio è naturale, senza traumi. Anche perché i nuovi contenuti vengono proposti attraverso la fiaba: le lettere dell’alfabeto, i primi 12 numeri, le 4 operazioni. “I bambini – dicono i maestri – non si accorgono neanche che stanno iniziando a imparare”. I quaderni non hanno righe né quadretti: il foglio è vergine, come lo erano le pareti delle grotte su cui scrivevano gli antichi. Il bambino impara così ad orientarsi nello spazio e ripercorre attraverso l’apprendimento della scrittura le tappe evolutive dell’uomo. Viene in soccorso fin dall’asilo l’euritmia, che contribuisce ad aiutare i bimbi a collocarsi nello spazio e a interiorizzare i ritmi. Si insiste sul disegno di forme e sulla rappresentazione grafica che avvicinano alla scrittura vera e propria. Alla fine della prima classe l’alunno saprà leggere e scrivere solo lo stampatello maiuscolo e saprà far di conto.
Grande importanza riveste ogni giorno il momento dell’ingresso a scuola, quando i bambini in cerchio esercitano i ritmi e imparano attraverso il movimento filastrocche e poesie, conte e tabelline. Ma l’insegnamento, soprattutto in prima e in seconda, avviene molto lentamente, rispettando i tempi di tutti i bambini. Non sono previsti compiti a casa.
A qualche metro dalla porta della prima classe c’è la seconda, nello stesso corridoio dei piccoli. Il rosa delle pareti ormai tende all’arancio pallido. Il tema dominante dell’anno scolastico sono i racconti delle vite dei Santi e degli animali, che in un certo senso sono tra loro in contrapposizione. L’uomo infatti grazie all’uso della ragione può compiere opere in aiuto del prossimo, mentre l’animale segue l’istinto. In seconda, sempre attraverso il racconto, si avvicina il bambino allo stampatello minuscolo e solo allora compare il libro di testo, frutto di un’accurata selezione di racconti fatta dal maestro sulla base delle esperienze vissute in classe. In qualche caso già alla fine della seconda viene presentato il corsivo, ma più spesso ciò accade in terza, anche perché il corsivo è il carattere che più di ogni altro rispecchia la personalità e attorno ai nove anni si registra un vero e proprio balzo nella crescita, i tratti interiori dei bambini si definiscono, arriva inevitabile la “crisi del nono anno” con la comparsa delle paure, dei pianti improvvisi, delle domande su tutto.
I genitori, accompagnati dai maestri, varcano l’ultima classe dell’ala dei “piccoli” e scoprono che ora i muri sono dipinti di un arancione deciso, una tinta che si stacca nettamente da quella dei primi anni e che simboleggia anche il fatto che la terza è l’anno dello svolta scolastica. Per la prima volta si parla di grammatica, di storia, di geografia. Compaiono i quadernoni che sostituiscono il libro di testo confezionato dal maestro e iniziano anche i compiti a casa, una piccola consegna tutti i giorni. Nell’arco dell’anno si guidano i bambini nel territorio e li si aiutano a scoprire l’ambiente in cui vivono e a confrontarlo con altri luoghi. Si parte dal quartiere di Lambrate per scoprire la città di Milano e spaziare magari lungo il corso del fiume Po. E’ il momento di cimentarsi con gli antichi mestieri dell’uomo, che vengono caratterizzati attraverso esperienze dirette vissute dai bambini. Con la storia si parte dalla creazione, da Adamo e Eva cacciati dal paradiso. Il bambino di terza si sente proprio scacciato dal paradiso perché raggiunge la consapevolezza di sé: esce dall’infanzia felice dove ci sono solo cose belle e buone e inizia a percepire nel mondo la presenza del brutto, di ciò che è negativo. Un’esperienza fondamentale della terza è quella dell’orto, affidato alla classe all’inizio dell’anno scolastico dai bambini più grandi e curato fino alla chiusura della scuola.
In quarta si diventa “grandi”. Si passa nell’altra ala, nel corridoio che accompagnerà fino all’ottava. Le pareti sono gialle: un colore che tiene svegli, che è adatto allo studio. Se nei primi anni era importante privilegiare le tinte accoglienti, ora la priorità è un’altra: i bambini cominciano a fare i conti con lo studio vero e proprio. Al centro del programma della quarta ci sono i miti nordici, argomento che raramente viene proposto nelle scuole statali. Ma secondo la pedagogia steineriana sono molto importanti perché il bambino in questa fase della sua vita affina la conoscenza degli altri e impara a sentire i confini tra se stesso e ciò che lo circonda. Diventa un po’ un guerriero e il suo motto è quello di andare incontro agli altri con una certa animosità. I miti nordici, inoltre, sono quelli più antichi. Sempre in quarta si affronta lo studio dell’uomo e della zoologia.
Ancora un passetto ed ecco la quinta, con le pareti di un giallo che tende ormai al verde e che apre la via ai colori freddi. Il programma dà largo spazio alla botanica, alla geografia, alla storia con lo studio delle antiche civiltà: Assiro Babilonesi, Egiziani, Fenici, Antichi Persiani per arrivare alla Grecia. In sesta i muri sono celesti. È l’ora dello studio della storia romana, della mineralogia, della geografia che va oltre l’Italia. Il ragazzo si guarda attorno e scopre la composizione geografica dell’Europa: gli orizzonti si allargano, quelli del territorio ma contemporaneamente quelli della mente. In questa fase si registra anche un cambiamento nel disegno che diventa geometrico. Per la prima volta fanno l’ingresso in classe le righe e i compassi. Si inizia a parlare di analisi logica e attraverso i romani si abbozza la lingua latina.
In sesta il maestro di classe valuta la possibilità di richiedere al collegio il sostegno degli insegnanti di materia, ad esempio per l’arte o per la fisica.
In settima le pareti sono verde acqua. Il programma di storia si allunga fino alla Rivoluzione industriale, americana e francese. Quello di geografia completa l’Europa e ne oltrepassa i confini. Si affaccia la letteratura, attraverso lo studio di San Francesco, Dante, Petrarca, Boccaccio. La chimica e la fisica occupano tante ore. E mentre nelle prime classi l’interrogazione è per lo più corale, adesso si chiede al ragazzo un intervento personale, diretto. Ma i voti continuano a restare fuori dalla scuola steineriana (anche se sono previsti dei giudizi), dove è bandita la competizione. “Ciò che conta – ricordano i maestri – è tenere presente da dove è partito il bambino e verificare dove è arrivato. Non tutti hanno gli stessi traguardi, quello che importa è che ogni alunno compia un cammino”.
L’ultima tappa della visita alla scuola è in fondo alla struttura anche in senso fisico. L’ottava, con i suoi muri violetti, rappresenta la conclusione del ciclo. I ragazzi volano tra queste pareti da un paese extraeuropeo all’altro e la loro visione del mondo è sempre più completa. Si fa largo la storia contemporanea e talvolta si arriva con lo studio fino ai giorni nostri. La storia, però, non è solo un elenco di fatti documentati sui libri: l’obiettivo dell’impostazione Waldorf è di farla rivivere ai ragazzi attraverso i personaggi che l’hanno caratterizzata. Nell’ultimo anno si introduce lo studio dell’anatomia.
Accanto alla classe ottava c’è una porta che si apre sul giardino: al di là del prato gli studenti vedono aprirsi la loro strada. Per riassumere il percorso si potrebbe dire che quello che succede tra le pareti di via Pini assomiglia al lavoro di un contadino. Ogni anno i maestri buttano i semi, l’anno successivo li riprendono e ne gettano di nuovi, allargando il terreno di semina. E in ottava l’emozione è grande: è tempo di raccolto.