Una materia “nuova” vecchia come il mondo: il disegno di forma
di Giovanna Chiantelli
“Bambini, sapete perché venite a scuola?”. E’ la prima domanda che viene posta a una classe il primo giorno di scuola, in un’atmosfera di festa gioiosa, ma molto seria, un’atmosfera colma di attese, di aspettative. E’ un cambiamento radicale nella vita di un bambino, l’inizio di un percorso lunghissimo, che dura, in molti casi, fin quasi alle soglie del ventesimo anno.
Nessuno sa rispondere. Che strana, imprevedibile domanda: tutti i bambini vanno a scuola! Negli occhi dilatati e intenti ad assorbire tutte quelle novità, a inghiottire tutto di quel primo giorno così atteso, così importante, c’è un’espressione intensa, viva, l’orgoglio di sentirsi scolaro!
“Ve lo dirò io, prosegue il maestro, siete a scuola per imparare. Vedete, i grandi sanno fare tante cose, sanno scrivere, leggere, calcolare, … voi non sapete nemmeno cosa sia il calcolare, ma lo imparerete a scuola, insieme a molte altre cose, siete qui per questo. Cominciamo così…”
E il maestro, curando molto la sua postura fisica, che sia ben diritta, che esprima, per i bambini che lo guardano intensamente, tutta la dignità della stazione eretta, che da essa traspaia tutta la nobiltà ideale della sua vita interiore, il meglio di sé, il maestro traccia sulla lavagna una linea retta verticale. “Ecco, dice, questo segno è una linea retta, una linea retta verticale”. Che rivelazione!
Poi traccia una linea curva e dice: ” Quest’altro segno è una linea curva!”.
I bambini sentono che, dietro a ciò, c’è un universo, un’infinità di cose grandiose stanno dietro quei segni tracciati con una mano sicura sulla lavagna. E c’è un universo: più il maestro ne è consapevole, maggiore sarà ciò che si attiva creativamente nell’anima degli allievi. E’ un grande, incommensurabile mistero, che sta celato in quella linea retta verticale, in quella curva, e non c’è bisogno di parole per destare un sentimento ricco e profondo nei bambini che partecipano a quel magico momento.
La cosa per quel giorno rimane così, solenne e semplice, breve e infinita. Alla prossima lezione, la seconda, ormai già quasi consuetudine, la linea retta verticale sarà ripresa, sarà attuata, sarà in parte consumata, “consummatum est”, avrà già iniziato un percorso dalle membra del bambino alle profondità più recondite del suo essere. Il gesto sarà ripetuto dal maestro con rinnovata solennità, ma non avrà nel bambino la stessa risposta: ci sarà in lui come un’eco, qualcosa che risuona da profondità imperscrutabili se, la prima volta, saremo stati capaci di risvegliare qualcosa in lui, mentre esteriormente avrà un po’ l’opacità del già conosciuto.
“Tutti insieme, in piedi! Piedini uniti, ben dritti, braccia composte lungo il corpo…” dice il maestro.
Poi, lentamente, si alza il braccio destro, lo si porta in alto, ben teso, oltre la testa. fin dove il bambino può arrivare, le dita unite, a formare un blocco unico, quasi fosse una punta capace di incidere un solco profondo, si traccia dall’alto in basso, portando la mano al centro del corpo, tagliando a metà il volto, il torace e perdendosi verso il basso, una linea verticale…
Il bambino sperimenta in profondità, con il suo essere volitivo, il suo corpo come un’armonica simmetria, come destra e sinistra, sperimenta, ad esempio, nel volto i due occhi, i due zigomi, i due orecchi, la centralità di naso e bocca; nel torace i due polmoni, la simmetria delle costole, ecc. E’ un’esperienza inconsapevole, ma forte e profonda, qualcosa che agirà nel sonno, continuando a vibrare nell’elemento vitale (corpo eterico), come una forza individualizzante, capace di agire come fattore equilibrante, armonizzante per lo sviluppo di un sano pensiero.
Poi i bambini si siedono e, uno alla volta, vengono a tracciare alla lavagna la propria linea retta, visibile. Che emozione, che timore: lo spavaldo precipitoso rompe il gesso, tanto il suo tratto è forte, non importa se è poco preciso, c’è tutto l’orgoglio dell’affermazione di sé; il timido va rassicurato, spesso rinuncia o traccia una linea sottile, tremula, appena percettibile,… nel mezzo, fra i due tipi , un’infinità di atteggiamenti, tutti rilevatori, in nuce, di individualità diverse, delle quali l’educazione dovrà essere capace di far fiorire l’uomo di domani, nel modo più ricco e più equilibrato possibile.
E si va avanti così per molti anni. La prima e la seconda classe fanno del disegno di forma una delle materie fondamentali, che si alternano all’insegnamento principale con la scrittura e l’aritmetica. Successivamente entrano altre materie, ma il disegno di forma, ancora in terza e quarta, trova spazio qualche settimana nell’insegnamento principale, poi prosegue in altre ore, mai tuttavia tralasciato.
Quattro, cinque sei settimane consecutive – con la consapevolezza di quanto la ripetizione sia importante per lo sviluppo volitivo e morale dei bambini- si occupano le prime due ore dei mattino con i ritmi, la recitazione, il canto e il disegno di forma. Di forma e non di forme, in quanto si fa una sola forma per volta, per mattina, e con ciò si contribuisce a dar forma all’uomo in divenire o si arricchisce l’uomo adulto, se la forma è eseguita terapeuticamente – c’è sempre un elemento terapeutico nel disegnare una forma!- o per diletto, o per studio o per lavoro.
E’ l’uomo intero che partecipa al movimento del braccio quando si disegna una forma! E non è importante il risultato sul foglio – naturalmente tanto meglio se è appagante- ma il processo che il bambino vive. Ad esempio, la linea retta verticale viene fatta prima dall’alto in basso, poi in senso contrario (in un giorno diverso).
Sulla carta il segno è identico, ma che differenza di esperienza!
L’attitudine del corpo, la forza necessaria per realizzare queste due forme, così simili nel segno esteriore, sono tanto diverse nell’attuazione!
Così, se facciamo una retta orizzontale, da sinistra a destra e viceversa! Prendete carta e matita e provate, Ma… attenzione alla postura, attenzione a ciò che succede in voi!
Naturalmente, dopo l’introduzione e il lavoro sulla linea retta si riprende la curva e con ciò, con questi due elementi polari fra loro, si è dato al bambino lo strumento di lavoro col quale potrà edificare un’infinità di forme. In noi, fuori di noi, quanto ad espressione materiale – percepibile al tatto, alla vista, tutto è lineare o curvo. L’elemento lineare assoluto in natura non esiste, è irrealizzabile, come la retta infinita: dobbiamo contentarci di porzioni di retta, di segmenti; si deve trapassare nel pensiero, in un elemento spirituale, per avere l’immagine della linearità perfetta, della retta infinita, della forza dell’io che, magicamente, sfida, in noi uomini la legge della gravità terrestre.
Disegnare una forma è perciò propedeutico ad un sano sviluppo del pensiero vivente, è un cammino iniziatico, che ci avvia al pensiero puro, al varcare la soglia di un mondo ultraterreno.
Mano a mano che i bambini disegnano forme sempre più complesse, passando dalle forme originarie a quelle simmetriche, a quelle speculari, sviluppano un rapporto con lo spazio, che conferisce loro sicurezza e padronanza del proprio corpo in relazione a quanto li circonda esteriormente e a quanto di spazio individuale si sta creando dentro di loro: da una condizione cosmica, infinita, dilatata nel gran tutto, sono condotti a trovare uno spazio loro, dove l’individualità possa albergare ed esprimere al meglio le potenzialità in essa riposte.
In sintonia con il periodo storico che si sta studiando, via via che crescono, si va alla ricerca degli infiniti motivi ornamentali e architettonici che l’uomo, nel succedersi delle civiltà, ha espresso nell’arte. Dalle forme archetipiche, semplici ed essenziali dei popoli primitivi, al fiorire dei motivi rintracciabili sui
monumenti assiro-babilonesi, egiziani, greci, latini, celtici, longobardi, germanici… è un ripercorrere noti cammini, un riscoprire elementi che, in un passato, più o meno remoto, le nostre anime hanno sperimentato, elementi che hanno contribuito allo sviluppo di ognuno di noi e sono ormai divenuti patrimonio dell’umanità…
Il disegno di forma, che è un’ottima premessa alla scrittura nelle prime classi, fra la quinta e la sesta trapassa nel disegno geometrico, realizzato con gli strumenti: riga, compasso, squadra; ma non ha più la pregnanza di quei primi tratti così intensi, così intessuti ancora di elementi cosmico-primordiali, che nell’uomo si ripetono ad ogni sua incarnazione e che, nel primi anni di vita, sono sotto la signoria di Arcai, Arcangeli, Angeli, come elemento primario per la formazione del suo corpo, con tutti i suoi straordinari attributi: la stazione eretta, il linguaggio, il pensiero.
E’ un cammino discendente. che ogni volta forma un involucro per accogliere l’individualità. affinché questa, svolgendo il suo compito terreno, riporti in alto, a beneficio dell’umanità intera, la forma sublimata, in divenire, dell’uomo spirituale.