L’uscita di astronomia della settima classe
Quest’anno le settime classi di Cittadella, Montecchio Precalcino e Trento, nei giorni tra il 25 e il 28 gennaio, hanno partecipato all’uscita di astronomia in Val di Non, con la supervisione e il coordinamento del prof. Alessandro Galli.
L’hotel rifugio era molto grande e accogliente, era dotato di una ampia aula didattica, indipendente dalla sala da pranzo, uno spazio per i giochi (calcetto, ping-pong) e comode camere da tre quattro letti con i servizi indipendenti.
Il punto di osservazione era a circa quindici minuti a piedi dal rifugio e presentava una buona visibilità nei quattro orizzonti, eccetto il versante est che era leggermente penalizzato.
Il luogo quindi aveva tutte le caratteristiche per permettere a questo gruppo numeroso (40 ragazzi e 9 insegnanti) di lavorare nel migliore dei modi; l’uscita inoltre, pensata in quattro giorni e tre notti, era ideale per vivere intensamente ed in profondità questa esperienza di “iniziazione alle meraviglie del cielo stellato”.
Nel mese di gennaio i ragazzi impararono ad orientarsi nel cielo osservando i movimenti del sole e della luna; alcune scuole inoltre realizzarono dei puntatori, e i ragazzi nei giorni precedenti alla partenza, impararono ad usarli e ad orientarli nei quattro punti cardinali, cercando di riportare in un foglio squadrato esattamente ciò che vedevano.
Questa operazione doveva essere seguita con molta cura dall’insegnante, per permettere ai ragazzi di ottenere una certa autonomia e sicurezza nelle misurazioni che avrebbero poi effettuato nei giorni seguenti.
Dopo tanta attesa e tanti preparativi i ragazzi non vedevano l’ora di partire; erano entusiasti ed il tempo da giorni faceva ben sperare: il cielo di giorno era limpido e le notti gelide mostravano un cielo invernale “veramente da brividi” (in tutti i sensi).
Durante il viaggio in pullman il sole penetrava dai finestrini, il termometro lungo la Valsugana segnava -14°C, e le risate dei ragazzi facevano da sfondo ai miei pensieri, che scorrevano su di un cielo blu senza nuvole: il morale era alto ed io già pregustavo il “magico momento” della notte. Ma appena arrivati al rifugio il cielo iniziò a coprirsi di nubi e noi insegnanti ci guardammo con una certa preoccupazione, soprattutto perché le ultime previsioni meteo, dicevano che già nel tardo pomeriggio sarebbe giunta una perturbazione.
Quelle nubi oscurarono il sole e anche il mio spavaldo ottimismo!
Mi sentivo impotente! All’improvviso tutto il lavoro di mesi poteva sgretolarsi da un momento all’altro, come un castello di sabbia, che ora dopo ora, si lascia ingoiare dall’alta marea.
Vi confesso che ho provato rabbia e un profondo senso d’ingiustizia; se fossi stato un “antico uomo del passato” avrei acceso un fuoco sacrificale e avrei pregato gli dei di essere clementi… almeno per una notte! Ma io cosa potevo fare ora?
Di fronte all’immensità del creato, all’imprevedibile natura, a ciò che non è pianificabile né programmabile, io cosa potevo fare?
Una parte di me era rassegnata e sconsolata, un’altra parte invece non aveva smesso di sperare e di confidare nell’aiuto sempre presente del mondo spirituale: in alcuni momenti vinceva l’entusiasmo, in altri, l’amara tristezza di un cielo coperto dalle nubi.
Verso mezzogiorno ci avviammo con i ragazzi al punto di osservazione per determinare con precisione la direzione del sud, e alle dodici, ventotto minuti e undici secondi, il sole passò proprio per il meridiano del luogo, proiettando così l’ombra più corta del giorno.
Fortunatamente un pallido sole, nascosto tra le nubi, ci permise di rilevare questa fondamentale misurazione, ed esattamente sopra l’ombra fissammo uno spago teso tra due paletti.
Nord e sud erano orientati e quindi, grazie ad una squadra con un angolo di 90° determinammo anche l’est e l’ovest.
Verso l’una rientrammo in albergo per pranzare, e nel primo pomeriggio uscimmo nuovamente per posizionare i puntatori nei quattro punti cardinali e disegnare gli orizzonti corrispondenti.
I ragazzi provenienti dalle varie scuole furono divisi in quattro gruppi e ognuno di loro si diresse in una delle quattro direzioni cardinali (nord, sud, est ed ovest).
Siccome il numero dei ragazzi era molto grande, ogni gruppo fu poi ulteriormente diviso in due gruppi più piccoli; vi erano quindi otto puntatori ed in ognuno di questi cinque ragazzi accompagnati da un insegnante di riferimento.
Un aspetto molto importante fu sicuramente quello di formare dei gruppi eterogenei e formati da ragazzi di tutte e tre le scuole, in modo che si potessero allacciare fra di loro nuove amicizie e rompere le “solite” dinamiche di classe.
Il disegno del proprio orizzonte richiese un’ora abbondante e non fu facile per i ragazzi orientarsi in quello spazio aperto cercando di misurare dei punti di riferimento da riportare poi nel foglio; alla fine però, anche gli ultimi completarono con successo il proprio lavoro.
Ora tutto era pronto per osservare le stelle durante la notte: la prima uscita era prevista per le 18.00 e successivamente saremmo usciti nuovamente con tutto il gruppo alle 20.00, alle 22.00 e alle 24.00. In seguito avremmo lasciato la libertà ai più coraggiosi e temerari di uscire anche alle 2.00 e alle 4.00, completando poi le misurazioni tutti insieme alle 6.00 della mattina (in modo da vedere l’alba nascente e contemplare i grandi movimenti avvenuti nella notte).
Questo in teoria era ciò che avremmo dovuto osservare la prima notte, ma se le stelle non ci fossero state, cosa avremmo potuto misurare? Forse solo il nostro dispiacere e la nostra frustrazione, che cresceva di ora in ora e si mischiava all’amara rassegnazione di chi non può cambiare il corso degli eventi naturali.
Poi all’improvviso, subito dopo cena, verso le otto e mezza, un freddo pungente ed un leggero vento in alta quota liberarono il cielo e, uscendo dall’albergo vidi Orione, il Grande Cacciatore, brillare vincente e luminoso nel cielo invernale.
Che emozione! Mi sembrava che tutto iniziasse finalmente ad avere senso!
Una gioia frizzante ed una incontenibile vivacità si diffusero in tutto il gruppo, ed in meno di dieci minuti eravamo tutti già vestiti ed i ragazzi iniziarono man mano a salire nel pulmino che li avrebbe portati al punto di osservazione.
Appena arrivati ci accorgemmo che due enormi fanali da 2000 watt l’uno erano stati posizionati proprio in quel punto, per illuminare il piazzale sottostante.
Alessandro Galli se avesse avuto una fionda, di certo avrebbe accecato quei due giganti arroganti e presuntuosi, che quasi volevano mettersi in competizione con le stelle della volta celeste, oscurandone la bellezza.
Però, nonostante tutto, neanche questa imprevista avversità, riuscì a fiaccare il nostro entusiasmo e la nostra irrefrenabile curiosità e raggiunto un punto della montagna in cui vi era una buona oscurità, potemmo finalmente alzare gli occhi al cielo e contemplare quel fantastico baluginare di stelle.
L’Orsa Maggiore brillava chiara e ben definita a nord e riportando cinque volte la misura del lato del carro, ecco ben visibile, tra un gruppetto di stelle meno appariscenti la regina del cielo: la Stella Polare.
Per migliaia di anni sacerdoti, navigatori, viaggiatori ed esploratori alzarono il naso al cielo per cercarla tra migliaia di stelle, e trovarono in “lei” una guida sicura e una compagna amica, che non poteva mentire ed indicava sempre il nord.
Pure i ragazzi sperimentarono una grande gioia nell’imparare ad orientarsi tra questa miriade di stelle, e tra di loro si diffuse un certo fermento ed un chiaccherare soffuso: chi non vedeva una costellazione si faceva aiutare dal vicino.
Tutti riuscirono a distinguere dalla parte opposta del Grande Carro, la vanitosa Cassiopea, che assomiglia ad una doppia “W”o ad una “M”rovesciata.
A est stava sorgendo la grande e maestosa costellazione del Leone: si vedeva bene la criniera, mentre il corpo era ancora nascosto dal profilo della montagna.
Girando poi lo sguardo a sud ecco il re del cielo invernale, Orione, con la sua inconfondibile cintura formata da tre stelle ed una spada fiammeggiante. Si vedevano distintamente anche i piedi e le spalle, mentre per osservare il braccio alzato bisognava un po’ aguzzare la vista.
Lì vicino, splendente e luminosa, ecco la suggestiva costellazione dei Gemelli, con Polluce e Castore ben visibili. Alla destra di Orione in tutta la sua forza ecco l’imponente e brillante il muso del Toro, con le sue lunghe corna e le piccole Pleiadi raccolte a grappolo una vicina all’altra.
Sotto ad Orione nella costellazione del Cane Maggiore, si vedeva Sirio, la stella più brillante del cielo, quella che da millenni, al suo sorgere intorno alla metà dell’estate, preannunciava agli Egiziani la imminente piena del Nilo.
Dopo questa rapida ed entusiasmante apertura del cielo, subito iniziarono a giungere foschi nuvoloni e la volta del cielo, nel giro di pochi minuti, fu nuovamente coperta.
Non fu più possibile fare nessun altra rilevazione, né alle dieci, né a mezzanotte!
Con una certa tristezza nel cuore andammo tutti a dormire sperando che a tarda notte il cielo si schiarisse e ci permettesse di uscire almeno un’altra volta. Verso le quattro e mezza Alessandro si svegliò, ma le stelle si facevano ancora negare e quindi con una certa rassegnazione se ne tornò a letto.
Alle cinque e mezza si svegliò un altro insegnante ma anche a quell’ora non vi era una sola stella in cielo. Alle sei meno un quarto invece, quando tutti avevano ormai gettato la spugna e dormivano profondamente nel proprio letto, la maestra Ivonia, forse ispirata dal proprio Angelo, si alzò, uscì fuori dall’albergo e vide sopra di sé un cielo così limpido, che sembrava che Eolo, il dio dei venti, avesse liberato il cielo in un batter d’occhio con un soffio poderoso!
In dieci minuti i ragazzi erano già svegli, vestiti, imbacuccati fino ai denti e pronti a salire nei mezzi di trasporto. Il sonno era sparito, le nuvole erano sparite, l’amarezza era sparita, solo le stelle c’erano… ed erano tante… ed erano incredibilmente belle!!!
Arrivati nel punto in cui la sera prima avevamo osservato il cielo, tutti rimanemmo a bocca aperta: Cassiopea e l’Orsa Maggiore si erano scambiate di posto!
Alcuni ragazzi dissero:<<È vero ieri sera era lì e ora non c’è più! Ma dove sono andate Orione, il Toro e le Pleiadi?.>>
Incredibile fu vedere con i propri occhi che la costellazione del Leone aveva viaggiato lungo la volta celeste per tutta la notte ed ora si trovava ad ovest, dalla parte opposta rispetto al punto in cui si trovava la sera precedente: erano ben visibili sia il corpo che la raggiante e possente criniera.
L’atmosfera che si percepiva era molto diversa da quella della sera prima: vi erano stupore, meraviglia, incredulità, magia. Vi era un gran silenzio e tutti noi seguimmo la voce e le indicazioni della maestra Ivonia, che con grande amore ci conduceva da una costellazione all’altra. Ad est stava schiarendo: era l’alba!
Il Cielo, incredibile ma vero, era stato benevolo con noi e ci aveva concesso “due doni preziosissimi”, ci aveva fatto due regali, uno alla sera e uno alla mattina.
In quei due indimenticabili momenti tutti avevano potuto fare l’esperienza viva e vissuta che nel cielo era avvenuta durante la notte una grande rotazione, ed il perno di questa Grande Ruota era appunto la Stella Polare.
L’uscita era salva! Era stata vissuta una esperienza, ed ora, partendo da quella, si sarebbe potuto lavorare nei giorni seguenti disegnando le varie costellazioni ed i movimenti delle stelle nei quattro orizzonti.
Tornati in albergo trovammo la colazione pronta, il latte caldo e fumante, fette biscottate, burro, marmellata, yogurt e ogni altro ben di dio; un nuovo giorno era pronto per iniziare!
Entrati nell’aula didattica recitammo il pensiero di apertura (Io guardo nel creato…) ed intonammo un bellissimo canto (Epitaph – parole di Galileo e musiche di Haydn).
In seguito recitammo la poesia di Giacomo Leopardi “le Ricordanze”, che ognuno aveva esercitato nei giorni precedenti in classe.
Ormai “completamente svegli” (si fa per dire) eravamo pronti per iniziare!
Questo momento è stato molto significativo, bello ed intenso, perché non capita così spesso di sentire ragazzi provenienti da tre scuole diverse recitare insieme le stesse poesie e lo stesso canto. Si percepiva un senso di appartenenza molto più ampio e finalmente i ragazzi potevano sentirsi parte di un gruppo che stava facendo un percorso simile al loro. A volte può capitare che i ragazzi della scuola Waldorf si confrontino con quelli della scuola pubblica e si sentano diversi, vivendo una specie di esclusione da quello che è il percorso scolastico normale dei ragazzi della loro età .
In questo caso non era così, si guardavano intorno e si sentivano veramente parte di un gruppo, si sentivano uniti a tutti gli altri: avevano finalmente trovato un filo rosso che li collegava agli altri e li faceva sentire appartenenti a qualcosa di più grande che andava oltre i confini limitati della propria scuola!
I ragazzi si disposero nei quattro gruppi scelti il giorno prima e così, in ogni fila di banchi, si sedettero i rappresentanti dei vari orizzonti.
Io seguii il versante est, ed ebbi la possibilità di seguire dieci ragazzi, di cui solo tre erano della mia classe. Potei vedere le differenze che c’erano tra un gruppo e l’altro ed ebbi così la possibilità di conoscere altri ragazzi belli e simpatici, che per qualche giorno mi erano stati benevolmente affidati dai miei colleghi.
Vedevo che anche gli altri insegnanti facevano lo stesso con i miei ragazzi, e questo mi riempii di grande gioia e soddisfazione per ciò che insieme stavamo realizzando.
In ogni lato della grande aula, vi era una lavagna in cui erano stati disegnati in precedenza gli orizzonti est, ovest, sud e nord.
Grazie alla guida e alla esperta conduzione di Alessandro, i ragazzi riuscirono a lavorare tutta la mattinata con molta concentrazione, interesse e buona volontà, tanto che, prima del pranzo avevano già disegnato nel proprio quaderno i quattro orizzonti, riportando le stelle osservate la sera precedente.
A pranzo, guardando fuori dalle finestre, vedemmo che iniziava a nevicare… vi posso assicurare che per circa due giorni continuò inesorabilmente a fioccare una neve così quieta e tranquilla, che sembrava quasi che il cielo volesse cullarci e premiarci per le fatiche del giorno precedente.
Nel pomeriggio portammo i ragazzi a fare una passeggiata giù in paese a Vervò, per vedere un orologio solare disposto nel centro della piazza, davanti alla chiesa.
In passato tutti si regolavano guardando l’ombra proiettata dal sole su quel muro e vi era un rapporto diverso con il tempo, si respirava maggiormente il ritmo delle stagioni e l’unità con tutti gli elementi della natura.
La signora dell’albergo ci accompagnò e potemmo quindi attraversare un bosco completamente innevato, passando attraverso un paesaggio a dir poco fiabesco.
Fummo di ritorno per l’ora di cena, i ragazzi si fecero una doccia e dopo aver cenato ci ritrovammo tutti in aula per cantare e ascoltare un racconto portato dal maestro Loris. Ci raccontò con grande calma e pacatezza, una storia sulle Pleiadi che ci coinvolse tutti e ci permise di portare nei sogni una bella immagine del cielo.
Alla fine della giornata, (erano circa le dieci e un quarto), Alessandro augurò la buona notte ai ragazzi, dicendo che verso le undici avrebbero dovuto spegnere la luce e mettersi a dormire.
Chiaramente tutti sapevamo che non sarebbe stato così, ma si sa, in queste situazioni ognuno deve fare la sua parte! Alcuni si addormentarono alle tre, altri forse dopo, ma comunque alle sette tutti erano nuovamente svegli e pronti (si fa per dire) per affrontare una nuova giornata.
Nei giorni seguenti non fu possibile osservare il cielo, ma quei due momenti speciali, ci diedero materiale sufficiente per disegnare la rotazione delle costellazioni e comprendere come si muovesse nel cielo la Grande Ruota Celeste.
La prima notte non potemmo eseguire le misurazioni ogni due ore, come avevamo previsto, ma si percepiva lo stesso che i ragazzi avevano vissuto comunque una esperienza molto forte.
Nei giorni seguenti alternammo momenti di intenso lavoro, con momenti di spensierata giovialità, andando a slittare nelle piste vicine all’albergo.
Ogni sera, un insegnante diverso, raccontò una storia che potesse suscitare nell’animo del ragazzo interesse e ammirazione verso l’affascinate e misterioso cielo stellato; si parlò dell’Egitto e della corrispondenza delle piramidi con la costellazione di Orione, e si affrontò anche il tema dell’astrologia vedendo a quale segno zodiacale apparteneva ognuno dei ragazzi.
L’ultima sera, più della metà dei ragazzi andarono a slittare fino a mezzanotte lungo le innevate piste da scii; a volte scendevano da soli, altre volte invece formavano gruppi di cinque o sei, che si univano a grappolo e si lanciavano spavaldamente per le ripide discese.
Nevicò per due giorni consecutivi, circa 80 cm, e smise solo sabato mattina, poche ore prima della partenza. Tra i ragazzi vi era una grande nostalgia e la sensazione di aver vissuto qualcosa di grande, di bello e di indimenticabile.
Dario, “il mio Dario”, perse un grosso dente da latte, e lunedì, appena arrivato in classe, mi disse che ne aveva perso un altro: le forze del passato si erano finalmente liberate, ed ora era pronto a costruirsi da solo con le proprie forze “i suoi nuovi denti”.
I ragazzi lunedì in classe erano molto più sorridenti, sereni e distesi, dei giorni precedenti all’uscita; si vedeva che avevano goduto una bella e salutare esperienza. Abbiamo rivisto insieme i giorni passati al rifugio, e poi ognuno di loro ha scritto un tema mettendo in evidenza ciò che lo aveva maggiormente interessato e appassionato.
Questa lettura, assieme ai loro temi e assieme alla ricerche sull’Africa (che hanno consegnato a gennaio), diventeranno un piccolo libricino, che magari riprenderanno in mano tra qualche anno ripensando ai bei momenti vissuti insieme.
Ringrazio tutti i miei amici e compagni di viaggio ed in particolare Alessandro, che ci ha condotti in questa meravigliosa esperienza. Spero tanto che per questo gruppo speciale di anime che si sono viste per la prima volta a Schonau in Austria per le olimpiadi greche e si sono incontrate e conosciute meglio in questa uscita trentina, ci sia l’anno prossimo un altro momento così intenso e pieno di forze di salute.