Imparare a suonare uno strumento musicale
Imparare per tutta la vita mantiene lo spirito libero, l’anima alacre e il corpo giovane.
Claudio Gregorat, da CON-TATTO (bollettino della scuola di Lugano)
L’uomo è l’unico essere al mondo il cui apprendere non ha limiti: lo può fino all’ultimo istante della sua vita, se è un osservatore che trae profitto dall’esperienza; se è spregiudicato dinanzi agli eventi della vita; e se la sua educazione scolastica è stata attenta al problema.
L’animale non è in grado di imparare: e quanto impara a seguito delle cure dell’uomo, è sempre oltremodo limitato. Non evolve, rimane sempre il medesimo nei secoli. Le sue capacità, compresa una specie di intelligenza, sono semplicemente istintive, innate, della specie.
Imparare significa accrescere il proprio potenziale di conoscenza, di esperienza, di umanità: e anche di Amore, di Bellezza e di Gioia, in quanto solo con questi sentimenti quelle facoltà divengono forze attive che mantengono l’interiorità sempre giovane.
Sarebbe così molto importante trovare il modo di compiere qualcosa che costituisca oggetto di cure per tutta la vita e sia un impegno gradevole e proficuo. Ad esempio la lettura e lo studio sempre più approfondito e attento di opere capitali per l’umanità come la Bhagavad Gita, Dhammapada, Vangeli, Divina Commedia, Faust e così via. Sono opere dal contenuto molteplice, che può essere sempre ulteriormente approfondito sotto vari aspetti.
Oppure le grandi opere d’arte sia pittorica che musicale. O anche la cura attenta e amorevole del proprio giardino che può essere sempre rinnovato, rinnovando al contempo i moti profondi della propria anima, riferiti alla bellezza dei fiori e all’armonia dell’insieme.
Vorremmo rilevare il carattere artistico-estetico di questo lavoro più che quello scientifico-tecnico, poiché è l’arte che impulsa, entusiasma e spinge l’anima verso nuove mete dell’apprendere.
Però vorremmo rilevare che l’itinerario dell’apprendimento è stabilito dalla società: scuola di vari gradi, è poi la vita e il destino. La scuola ha una grandissima responsabilità nei confronti della vita successiva. Se non sono compresi i punti svolta costituiti dal 7°, 9°, 14° e 18° anno, con un insegnamento corrispondente alle necessità di essi, quindi in costante evoluzione, i danni saranno pesanti per tutta la vita, come innumerevoli casi hanno dimostrato. Va ricordato che l’essere umano non è solo “mente e intelligenza raziocinante”: logica. Ma anche “cuore e sentimento”: estetica-arte. E “volontà e azione”: moralità.
Entro questa prospettiva, assume particolare importanza l’apprendere-imparare a suonare uno strumento musicale in modo impegnativo: può diventare un motivo ideale e per vari presupposti:
consente di produrre musica da soli e ad essere creativi: cosa sempre più rara oggi. A questo scopo è necessario protrarre lo studio per anni, anzi per tutte la vita. Lo strumento e la musica che con esso si può interpretare, diventano compagni fedeli che risponderanno in modo esemplare in ogni circostanza: nella gioia come nel dolore; nella solitudine così pesante nella vita moderna; nel risvegliare l’anima ad un atteggiamento improntato a serenità e religiosità. Infine, lo strumento diviene un compagno prezioso che non abbandonerà né tradirà mai le aspettative più profonde.
Facciamo l’esempio del pianoforte: è lo strumento che come nessun altro consente un amplissimo margine di conoscenze musicali di ogni epoca e tipo. Oramai tutto l’immaginario musicale è stato trascritto per pianoforte.
Ma è uno strumento antisociale, diciamo così, è lo strumento del solitario: non chiede compagni di strada. Così pure l’organo, però con la limitazione rituale del suo impiego: oppure il clavicembalo, limitatamente alla musica barocca. O anche l’arpa, per quanto il suo impiego previsto è quasi sempre orchestrale. La chitarra che coinvolgendo il sentimento esprime i moti intimi dell’anima.
II pianoforte è quindi uno strumento sdegnoso e superbo, così come si può rilevare dal suo timbro veramente “virile”, se così possiamo dire. E anche quando concorre ad un’opera corale, in orchestra, rimane sempre individuato per il timbro caratteristico e la tecnica che ne fanno il solista per eccellenza. Difatti il pianoforte può sostenere benissimo – dal romanticismo in poi – un intero concerto: cosa non consentita agli altri strumenti.
E’ lo strumento che consente la piena espressione della “personalità” umana singola, come nessun altro. In concreto, se diversi pianisti suonano il medesimo pianoforte, si potrà rilevare molto bene la differenza di timbro e tocco individuali. La stessa esperienza non è possibile con gli altri strumenti, a partire appunto dal “timbro” e dal “tocco”.
Nell’organo e clavicembalo, ad esempio, il suono non può in nessun caso essere modificato dall’esecutore come appunto nel pianoforte, solo per il quale è giustificato parlare di “tocco”. Tutti gli altri strumenti, hanno un impiego corale, in orchestra. In quanto solisti, il loro repertorio è assai limitato: infine hanno la necessità di un accompagnamento.
Impegna il volere a causa della necessaria perseveranza, quando viene esercitato seriamente per tutta la vita. Se ad esempio si interrompe per qualche motivo l’esercizio di uno strumento, se ne sentono subito le conseguenze: per l’agilità delle dita, per il suono,con l’arco o con le labbra e così via. Di conseguenza la pratica dovrà essere quotidiana.
Si potrebbe dire che anche lo sport è un allenamento del volere. Senz’altro e in sede agonistica anche severo e pesante. Ma lo sportivo, dopo i 35 anni deve chiudere la sua attività: e quindi lo sport non accompagna per tutta la vita: a parte il suo carattere eminentemente “fisico”. Accanto a questi motivi tecnici, per lo strumento vi è la grande incidenza sull’anima in senso estetico e morale. Se ad esempio, si inizia la giornata con qualche brano di musica adatta, questa dispone l’anima al lavoro in modo ineguagliabile. E così anche prima del sonno: lo concilia, lo rende quieto e sereno, invece di chiudere gli occhi su di un programma televisivo.
La volontà è continuamente impegnata nel movimento e controllo delle mani, braccia e piedi; nel vivere i vari metri e ritmi; nel sostenere le variazioni dinamiche dal pianissimo a fortissimo
– il sentire è fortemente coinvolto e impegnato dai vari elementi musicali come: contenuto degli intervalli in linea principale; andamento delle frasi e incisi nelle loro forme; nella metamorfosi continua dei processi armonici fra consonanza e dissonanza e fra maggiore e minore; controlla le varie partizioni formali in modo che siano equilibrate
– il pensare presiede alla organizzazione della forma complessiva, monopartita, bipartita e tripartita; e ancora monotematica e bitematica
il “fare” musica évita l’addormentamento della coscienza oramai diventata sognante in quanto passiva, nell’ascolto di musica riprodotta, dove la partecipazione è nulla. Questo momento è presto evidente in tutti i casi nei quali l’ascolto è subordinato ad altre attività e serve solo da sottofondo, peraltro non necessario. Quasi tutti gli studenti, ad esempio, si dedicano ai loro compiti in un frastuono incredibile, che, secondo loro, serve per sostenere l’attenzione, mentre in realtà, induce al sogno e stordimento pressoché continuo. Quando i giovani si incontrano, vi è sempre questo rumore di fondo che essi chiamano musica: ed anche ad alto volume, per cui parlano sempre ad alta voce per potersi sentire. Poi chiaramente l’attenzione in generale è molto problematica e la logica dei loro discorsi piuttosto sconnessa.
Il motivo è proprio da attribuirsi al genere di musica che ascoltano, troppo frammentata qualora una melodia venga proposta, e questo a cominciare dal jazz e finire col le varie forme di rock dove la melodia è inesistente. Ora la melodia è un organismo concepito con una logica stringente e conseguente al massimo grado. Difatti, da questa prospettiva, la vera musica costituisce un’educazione “logica” oltre che “estetica”.
Questo parametro musicale è del tutto sconosciuto e quindi nessuno vi presta attenzione. Così, in conclusione, se i giovani sono illogici e non sanno pensare correttamente, la causa principale sta nella musica che ascoltano.
Lo studio di uno strumento, che porta ovviamente a fare musica in continuazione, costituisce quindi un avviamento al pensare logico.
Cosa significa quindi fare musica, suonare uno strumento? Significa coinvolgere l’intero essere umano in un’attività – “volere” – che coinvolge fortemente il “sentire” e la fantasia artistica nello svolgere l’idea” musicale con le forze del “pensare-immaginare”.
Ogni brano musicale, piccolo o grande che sia – è una “immaginazione sonora” , una immaginazione della fantasia. Apre un orizzonte sempre diverso e in continua metamorfosi, a mondi che diversamente, rimarrebbero celati nel mistero – come accade purtroppo per milioni di persone oggi – mondi sconosciuti e neppure supposti. E il fatto che oggi pochissimi si dedicano ad uno strumento per produrre musica, si riflette chiaramente nella grossolanità del sentire degli uomini moderni. Questo sentire non si coltiva che con l’arte, come chiarissimamente affermava Kandinsky. E la musica impegna talmente l’anima umana che ogni volta ne esce trasformata.
Non è la stessa cosa ascoltare passivamente musica riprodotta, per vari motivi:
– la passività dell’ascolto relega il mondo dei suoni direttamente nell’inconscio, il quale ne subisce le conseguenze per il fatto di non passare dalla chiara coscienza nell’ascolto stesso.
– la mancanza di attenzione cosciente, trapassa poi in un essere non-presenti nelle vicende quotidiane. L’azione diretta sul subconscio, provoca una sorta di stordimento perenne. Oramai non esiste neppure il costume di porsi seduti, con gli occhi chiusi e lasciarsi trasportare nei mondi propri dei suoni musicali, che sono universali, benché prodotti da strumenti terrestri. Un giusto ascolto oggi è cosa rara, non v’è più l’abito. I presenti discorrono tranquillamente senza la minima attenzione, per cui l’ascolto è del tutto inutile ai fini di una educazione dell’anima, secondo Kandinsky.
-le tre facoltà dell’anima: pensare-sentire-volere, non vengono impegnate come sarebbe molto opportuno, in quanto lo scopo della musica non è il divertimento, lo svago smemorato e superficiale, ma la “trasformazione dell’anima”. La musica non ha scopi, fini commerciali o tecnici e politici, ma solo spirituali.
Facciamo conto di conversare con una persona mentre invece dedichiamo la nostra attenzione ad una terza. Le sue parole sono inutili, cadono nel vuoto, non dicono e servono a nulla: e così la musica ascoltata come accompagnamento ad altro.
L’uomo oggi ha il terrore dei silenzio, della solitudine, vive angosciosamente “l’horror vacui”. Nasce, cresce e vive in mezzo a continui rumori, per cui quando rientra a casa dal lavoro, per timore di rimanere solo con se stesso e per evitare l’angoscia che ne deriva, accende la TV, un CD, che magari non ascolta nemmeno, ma gli “fa compagnia”. II silenzio lo impaurirebbe, come distrarrebbe lo studente: sembra un discorso per assurdo, ma è proprio così nella realtà. Il vuoto dell’anima – il sentire non coltivato – gli genera una sorta di asfissia animica che colma con un rumore qualsiasi.
E’ scena comune in casa: varie persone parlano – anche ad alta voce – ma vi deve essere sempre anche un’altra “presenza”: la TV o la radio come “sostegno?” Ma sostegno a cosa? alle idee? alle parole?
Sembra quasi che l’anima, nel silenzio, si debba affacciare sul baratro della parte di se stessa rimasta inosservata, incustodita, incolta: è la parte del “sentire” sempre disatteso e ignorato, vivendo oggi l’uomo principalmente di attività intellettive a volitive. Sono gli uomini di Dati, coi cassetti vuoti o una finestra all’altezza del cuore.
Ora il vuoto va certamente colmato, ma non da ulteriori suoni-rumori assunti passivamente, ma con altra attività ludica, come appunto suonare uno strumento. Ma uno strumento che muove le corde più intime dell’anima, lasciate fin qui allo stato istintivo, grezze e primitive e anche violente, come ben si nota da vari episodi. La rozzezza del sentire è purtroppo una caratteristica animica dell’uomo commerciale-tecnico. sportivo moderno, di una grossolanità impressionante: la discoteca ne è la prova. La musica prodotta attivamente e personalmente invece, attiva, colma, affina e ristora tale organo rimasto orfano.
Manca proprio il costume di dedicarsi “all’anima” così come ci si dedica al “corpo”. Tutti seguono massivamente l’andamento di tutti, collettivamente, dipendentemente: palestra, sport, massaggi, bagni, ecc. per ore al giorno. Ma “l’anima” dove e quando verrà curata alla stessa maniera? e che la musica sia anche una “cura dell’anima” è fuori discussione. Ma non certo quella che i giovani chiamano musica: il rock e derivati. In questo si credono liberi, mentre invece ne sono dipendenti in modo fanatico, in quanto rifiutano le altre forme musicali. L’ideale per un giovane sarebbe quello di “conoscere e vivere” le varie forme musicali: il concerto per orchestra, la musica da camera come il quartetto ad archi, la musica per strumenti vari, come appunto i concerti per pianoforte; la musica sacra vocale e strumentale; la canzone popolare regionale italiana e d’altri paesi; e poi ovviamente il jazz ed il rock – finché sono giovani, cioè non oltre i 25 anni – ma vissuti in momenti diversi scelti oculatamente a seconda delle disposizioni e bisogni interiori. Tutto ciò che si differenzia da queste due ultime forme viene giudicato “vecchio”: mentre se c’è qualcosa di vecchio sono proprio queste forme che mutano continuamente nel giro di pochi anni. Mentre le grandi opere d’arte, poniamo quelle dei tragici greci, riservano continuamente delle nuove sorprese a motivo del contenuto universalmente umano.
In che modo si manifesta tale primitività del sentire? Ecco, proprio nel modo di porgere la canzone urlata o il brano musicale con la massima forza, violenza, scompostezza, giusta la passionalità estrema manifestata, sostenuta da una volontà cieca, cioè non guidata, nel ritmo insistente reso meccanizzato, che si rivolge non al sistema membra-movimento ma al ricambio come è agevole osservare in discoteca. Pensare e sentire sono assenti. L’uomo è presente solo dal diaframma in giù. L’unilateralità di espressione si riflette poi sull’intera personalità, con le conseguenze di disarmonia, disagio, alienazione, che sono già patologiche: che poi ovviamente si riflettono nei pensieri, sentimenti e azioni. Una persona gentile ed educata, oggi, viene considerata debole, insignificante, inesistente. La vita va aggredita con forza e prepotenza: va conquistata. Si deve essere dei “winners” – vincitori – su modello statunitense!
L’educazione dell’anima, come abbiamo già notato, non esiste: e men che meno quella estetica e non è il caso neppure di parlare di morale.
Secondo questa prospettiva, le grandi malattie dell’umanità moderna sarebbero presto risolvibili, ad esempio, per mezzo di una adeguata educazione musicale con inizio fin dalla prima infanzia. Importante è l’educazione olistica, complessiva dell’anima umana. Quella sportiva – che come si può notare oramai – inizia fin da piccoli è disgiunta da quella estetica e morale e quindi non può produrre che disarmonia a causa della sua prevaricazione sulle altre. II pensare viene parzialmente sviluppato nella scuola superiore: ma è educazione della sola intellettualità. Ora non tutto si può poter pensare: non ogni pensiero è lecito. E le risultanze di questa condizione sono bel visibili.
II sentire viene educato dall’Arte che non può avere sostituti.
Il volere è profondamente collegato al miglioramento interiore dell’individuo, attuabile per via di un sentimento religioso sempre più elaborato.
Così nell’uomo trovano una ri-unione e rielaborazione scienza, arte e religione.
A questo punto si pone la domanda: con quali criteri è possibile la scelta di uno strumento: o dello strumento più adeguato ad una certa persona, ad un ragazzo ad esempio? Le possibilità sono varie:
– l’inclinazione spontanea verso un particolare strumento. Fare in modo che il ragazzo possa vedere e ascoltare tutti gli strumenti, in modo da poter avere un’esperienza diretta: sempre nel caso in cui non vi sia già un’inclinazione spontanea. Però accade spesso che determinate immagini incidano sulla decisione, come ad esempio per la chitarra, come emulazione dei tanti complessi di musica leggera nei quali la chitarra è dominante. Oppure il seguire una certa moda del momento. Quarant’anni fa, si poteva vedere spesso alla TV, Severino Gazzelloni col suo flauto d’oro: in quegli anni appunto, una quantità di giovani decise di studiare il flauto, magari senza una reale disposizione.
– la struttura fisica delle mani, braccia, torace. Mani e braccia per gli strumenti ad arco. Torace per quelli a fiato. Queste sono indicazioni del tutto generali e indicative, dove le eccezioni possono sempre esistere. Ad esempio, abbiamo conosciuto un ragazzino di 10 anni che chiese di suonare il fagotto! Ora è un’espressione abbastanza strana, anche per il fatto che questo strumento è pressoché sconosciuto.
– il particolare “temperamento”. II concetto di temperamento riferito all’uomo, è poco o affatto conosciuto: invece è determinante. Abbiamo avviato spesso dei giovani secondo questa indicazione e con buoni risultati. Questa estraneità del temperamento è dovuta alla concezione materialistica dell’uomo, considerato solo un corpo fisico-minerale. Invece il temperamento è proprio determinante per il carattere e condotta dell’uomo nella vita. Se Napoleone – poniamo fosse stato un “flemmatico”, non avrebbe sconvolto l’Europa, come invece ha fatto. Se al contrario Haendel non fosse stato un “flemmatico” non avrebbe scritto la musica che conosciamo. Ancora, se Wagner – o anche Beethoven – non avessero avuto un temperamento “collerico” non avrebbero potuto scrivere una musica di quella potenza.
Concludendo, dobbiamo dire che, salvo casi particolari di una disposizione evidente innata, non serve iniziare prima del nono anno: l’esperienza dice che è inutile. Dopo quest’età cercare di orientarsi secondo le indicazioni “generiche” date sopra.
Un fattore veramente “determinante”, è il rapporto – buono, meno buono o cattivo che si potrà instaurare fra maestro e discepolo. Vari entusiasmi si sono smorzati per un simile cattivo rapporto, con la conseguenza dell’abbandono dello strumento, sostituito da un odio profondo per esso e la musica.
Un altro fattore anche importante è la inclinazione-predisposizione del ragazzo verso il mondo del “pensiero”, del “sentimento” o della “volontà”: se è un essere contemplativo piuttosto che attivo; sognante invece che razionale; attivo-volitivo piuttosto che immaginifico.
E questo per il semplice motivo che gli strumenti musicali sono sorti proprio come espressione musicale concreta di queste tre facoltà dell’anima umana.
Dalla seguente indicazione schematica si potrà capire di che si tratta:
– la caratteristica di questa facoltà è quella di delineare-disegnare-caratterizzare in modo chiaro e logico e cosciente un oggetto, avvenimento qualsiasi. Gli strumenti che esprimono musicalmente tale facoltà sono i “legni”: oboe, flauto, clarinetto e fagotto. Questi sono gli strumenti dell’uomo di pensiero. Però andrebbero assegnate a seconda dei temperamento:
– al collerico, che si apparenta col “fuoco-calore”, si assegnerà l’oboe, il cui timbro è penetrante e sempre “presente” come appunto il calore, e la cui piccolissima doppia ancia rappresenta un ostacolo da superare non indifferente: cosa che un collerico appunto potrà avere la perseveranza necessaria per il superamento
– al sanguinico che è tutta “aria” è chiaramente adatto il flauto, che è un tubo aperto dove “passa l’aria” senza ostacoli: per ostacoli si intendono le ancie, che sono un l’ostacolo” come già detto
– al flemmatico lento e adattabile-disponibile, come “acqua” che si adatta ad ogni recipiente, è confacente il clarinetto, dall’ancia semplice e il timbro “liquido-fluido”
-al malinconico che sperimenta fortemente il peso del suo scheletro, dal quale la malinconia e serietà, va bene il fagotto, strumento ingombrante e dal timbro “straziante”, dall’ancia doppia ma grande e quindi meno faticoso da suonare.
viene sperimentato nel cuore e dà origine a strumenti che possono esprimere al meglio le varie caratteristiche del sentimento: dalla gioia alla tristezza, dall’esaltazione alla depressione, dal calore al freddo animico. Gli strumenti sono i cosiddetti “archi” o “corde”: violino, viola, violoncello e contrabbasso.
Anche in questo caso vale il discorso dei temperamenti. Per esperienza si è constatato che un allievo, poniamo flemmatico, mentre col violino non riusciva a gran cosa, appena passato alla viola è diventato un noto ed eccellente strumentista. Dunque si rende evidente da sé che anche per questi quattro strumenti è opportuno rifarsi alle caratteristiche del temperamento. Possiamo così, in linea generale, dire che il violino essendo uno strumento brillante e virtuosistico, è bene affidarlo ad un temperamento estroso come il sanguinico o pieno di fuoco come il collerico. Mentre la viola, come abbiamo già detto è adatta al flemmatico e malinconico. II violoncello è un po’ come il violino, ma nel registro grave: non così brillante, ma certamente abbastanza efficace come virtuoso. E’ adatto sia al flemmatico come al malinconico: mentre il contrabbasso è senz’altro da assegnarsi al malinconico. Tutto questo in linea molto generica, in quanto poi ogni caso è diverso. Paganini ad esempio, aveva la struttura fisica caratteristica del malinconico. II virtuosismo dei suoi capricci, lo si deve attribuire alla componente arguta e brillante di questo temperamento.
In più, per questi strumenti è importante l’esame della mano e braccio. Un violista, ad esempio, deve avere il braccio lungo, altrimenti gli è difficile il maneggio dello strumento. II contrabbassista per la pesantezza dell’arco e grossezza delle corde, dovrebbe avere mani forti e braccia lunghe e robuste.
– volere – la natura volitiva è quella collerica per eccellenza, per quanto anche gli altri temperamenti possono adattarvisi.. Ad esempio, la tromba è il corrispondente dei violino: quindi si adatterebbe bene il temperamento collerico e sanguinico. Sempre tenendo presente le labbra e la dentatura. Ma se veniamo al trombone, va da sé che il flemmatico è più adatto, come anche per il corno: mentre per la tuba – qui le labbra sono importanti – un flemmatico o un malinconico avrebbero più facile riuscita.
Per tutti questi strumenti l’esame del torace, dentatura e labbra è decisivo.
Tutto quanto detto vale per il “cosciente”. Per il volere “inconscio” si deve passare alla famiglia delle percussioni di vario tipo. Va da sé che un tipo volitivo e dinamico possa riuscire molto meglio di un flemmatico o sognatore, in linea generale.
Poi abbiamo gli strumenti che possono essere agevolmente suonati da tutti per il loro carattere più universale, diciamo così: il pianoforte, l’organo, l’arpa e la chitarra.
Abbiamo, con queste note, tentato di aprire il problema educativo sulla musica e la cultura dello strumento musicale, che sono argomenti da troppo tempo dimenticati con evidente disagio interiore, che si riflette nella ottusità della sensibilità animica così generalizzata nell’uomo occidentale moderno.