Scuola che cambia
Thomas Homberger per 45 anni è stato maestro di classe e insegnante di materia alla Scuola Rudolf Steiner di Plattenstrasse a Zurigo. Ritornando alla questione del cambiamento che le nostre scuole stanno affrontando, è stato invitato ad esporre alcune delle sue osservazioni.
La scuola cambia insieme al mondo che la circonda. Prima di tutto essa cambia per mezzo degli allievi che la riempiono e dei loro genitori.
Anzitutto il cambiamento del mondo: nel 1961, il mio primo anno come maestro di classe, nella maggior parte delle famiglie, ad esempio, il pranzare insieme era una cosa ovvia. I tram erano tutti guidati da conduttori che qualche volta venivano a cercarmi a scuola quando uno dei miei allievi aveva combinato qualche marachella. La vita nel suo insieme era meno frenetica e prima di tutto meno anonima. Per molti contemporanei la pedagogia di Rudolf Steiner era molto esotica – anche per i tranvieri – con tutte quelle materie artistiche, non scolastiche.
Ora veniamo a genitori e allievi: da noi c’erano molti genitori per i quali le scuole statali nella loro rigidità costituivano un grigiore,ache si erano guardati intorno cercando altre possibilità e che si erano imbattuti nella scuola Steiner. Di regola essi davano alla scuola ampia e incondizionata fiducia. I loro figli erano supportati dalla loro buona volontà. Così era facile trovare misure comuni, ad esempio riguardo alla questione argent de poche. Classi di 40 o anche più allievi erano assolutamente gestibili.
Nel frattempo il quadro è cambiato. Ciò che allora era ancora fortemente patrimonio comune, con sempre maggior intensità si è trasformato, fino a diventare elemento individuale. All’inizio del XXI secolo i genitori, nel cercare qualcosa per i propri figli, sono molto più critici (nel senso migliore del termine). Nelle scuole statali molte cose sono mutate: l’insegnamento pratico e quello basato su progetti fanno parte della quotidianità e anche lo studio delle lingue straniere è anticipato. I libri di testo hanno acquisito un look più fresco. Accanto a ciò, anche il numero delle scuole a gestione privata è aumentato. Per i genitori che cercano, la scelta è maggiore rispetto a quarant’anni fa.
Anzitutto è però cambiato il ritmo di vita di noi adulti e ha subito una forte accelerazione. Attraverso le possibilità offerte dalla tecnica siamo finiti in una situazione che il filosofo e critico dei tempi nostri, l’italiano Umberto Galimberti, caratterizza nel modo che segue: “La tecnologia da nostro strumento è diventata il nostro ambiente.”
È uno sviluppo che possiamo decifrare dagli allievi stessi, che arrivano alla scuola con sempre maggiore coscienza di sé – non sempre fiducia in sé – e che sono già molto informati. Sono svegli e vogliono essere percepiti e presi sul serio. Accanto a questo, molti di loro, nei propri movimenti, nel proprio equilibrio, nelle proprie capacità di linguaggio e di fantasia non sono sviluppati fino al punto che tale svegliezza richiederebbe. Perciò la scuola oggi deve cercare nuove vie. Vanno rafforzati e introdotti in modo nuovo tutti quegli elementi che la scuola Steiner cura da tempo. L’intero ventaglio dei giochi di movimento, dell’euritmia, dell’elemento ritmico nella lingua e nella musica deve venire intensificato in conformità con tale condizione di estrema svegliezza dei bambini. Alla nervosità del giorno d’oggi deve venire contrapposta la sicurezza che deriva dal ritmo con cui si svolge la vita della scuola. A contatto con il mondo tecnologico circostante, assumono grande importanza quelle attività artistiche che creano un ambiente con qualità umane. Affinché la tecnologia, nel senso di uno strumento, non venga trascurata, va appunto curata mediante un insegnamento della fisica, della chimica, della tecnologia, che sia all’altezza dei tempi. Se devo ricondurre il cambiamento a un denominatore comune, ebbene oggi viene richiesta una cultura delle relazioni molto più cosciente, tanto da parte dei bambini (in modo del tutto incosciente), quanto degli adulti. In pratica questo significa che noi si diventi molto più capaci di dialogare.
Per concludere, un aneddoto che risale a venti anni fa: un allievo di 4. classe si accascia con un gemito sul sedile del bus. Un signore gli chiede se sia stanco morto. Il ragazzo conferma. Quel signore allora vuole sapere che lezioni ha avuto a scuola. “Inglese” è la risposta. “Avete già inglese?” – “Si” – “Che materiale didattico usate?” Sguardo attonito. “Materiale didattico, cos’è?” – “Ma sai, una specie di libro.” Con schiettezza il ragazzo esclama: “Noi non abbiamo alcun materiale didattico, abbiamo un insegnante!” Il bello sta nel fatto che quel signore pubblicava materiale didattico per l’apprendimento dell’inglese.
C’è da sperare che dei bambini possano ancora rispondere così.