Lo sport per i bambini? Una necessità imposta dalla società.
Colloquio con la Dott.ssa Torri, medico scolastico
a cura di Rossella Verga
Prima di tutto è bene sfatare un luogo comune: non è vero che i bambini hanno bisogno di fare sport. Forse si potrebbe sostenere che è una necessità per gli adolescenti, ma anche in questo caso più per ragioni di socialità che per motivi fisici. Lo spiega la dottoressa Maria Teresa Torri, medico scolastico, sottolineando che “sarebbe giusto che i bambini giocassero in modo libero dopo la scuola e che avessero la possibilità di svolgere un’attività motoria non organizzata, ma lasciata appunto alla libertà di spaziare”. In realtà, in una città come Milano, non è facile trovare spazi per correre, per andare in bicicletta o sui pattini senza doversi allontanare troppo da casa. E non raramente lo sport diventa un modo, anzi il modo, per occupare il tempo dopo lo studio. Spesso è addirittura una sorta di declinazione della babysitter. “Si può affermare come premessa che lo sport è una necessità imposta dalla società più che una necessità reale”, dice la dottoressa Torri. “Il bambino quando pratica uno sport deve eseguire di nuovo qualcosa guidato dall’adulto – incalza – in genere gli vengono proposti esercizi specifici. Un conto è andare a nuotare il sabato mattina con papà e mamma per sviluppare l’acquaticità, un altro è frequentare un corso tradizionale”. Detto questo, la dottoressa Torri sottolinea che ci sono sport “più affini” al bambino e sono quelli che utilizzano tutti i muscoli. Da evitare, invece, tutti gli sport “unilaterali”, soprattutto il tennis e il calcio. “Il tennis determina una ipertrofia di metà corpo rispetto all’altra. Spesso si vede negli adulti che da piccoli hanno fatto sport unilaterali che una parte del corpo è più sviluppata dell’altra”. Lo stesso discorso vale per il calcio dove vengono usati solo gli arti inferiori. “Un bambino che gioca tanto a calcio in genere diventa un adulto con un torace molto stretto e le spalle un po’ ingessate”. E da un certo punto di vista il calcio è “peggio” del tennis: “In questo caso nel gioco è addirittura penalizzato l’uso delle mani”. Ma forse l’aspetto più negativo legato alla pratica del calcio riguarda i colpi di testa che possono provocare danni gravi, traumi alla colonna vertebrale e al cranio. “Sicuramente lo sballottamento del cervello non è un bene _ puntualizza la pediatra _ Come dice Steiner il cervello dovrebbe viaggiare come un principe trasportato in un cocchio senza fare niente ”. “E ci stiamo limitando a passare in rassegna gli aspetti fisici e medici – fa notare ancora – perché poi in relazione al calcio c’è tutta la tematica filosofica, legata al fatto che il bambino dovrebbe imparare ad usare le mani armonicamente e in modo rispettoso, non tirare calci agli oggetti, mentre il pallone viene calciato”. Anche la danza classica, per la grande insistenza sulle punte dei piedi, è “unilaterale”: esercita solo certi muscoli e ne irrigidisce altri. Invece, per la dottoressa Torri, “da una certa età può essere interessante seguire la musica con il corpo, dedicandosi alle danze popolari”. E tra gli sport “unilaterali” il medico scolastico elenca anche il tiro con l’arco: “Potenzia un arto piuttosto che l’altro”. Meglio proporlo non prima dei 12-13 anni.
Il principe di tutti gli sport rimane il nuoto. “In realtà – argomenta la pediatra – è anche una disciplina che si deve imparare per ragioni esistenziali, un bambino deve imparare a nuotare per forza”. Disco verde dunque al nuoto, anche se “non sono consigliati i corsi invernali che sono sempre portatori di malattie e di raffreddamenti”. “Però sicuramente i corsi estivi o quelli dei week end con i genitori vanno bene”. Il nuoto attiva tutta la muscolatura corporea: “E’ sicuramente lo sport più organizzato: usa braccia, testa, respirazione e gambe in un modo armonico e coordinato. “Il bambino ha un’acquaticità spontanea, nuota da prima di venire al mondo”.
La Torri insiste sul significato dello sport nell’adolescenza, “perché non risponde solo all’esigenza dell’attività motoria, ma è importante per imparare a strutturare un gioco sapendo che ci sono gli altri. Sport come la pallavolo, la pallacanestro, in genere i giochi di squadra hanno una valenza sociale”. Il punto è intendersi sul significato di sport. “Perché il bambino gioca a palla prigioniera o a bandiera: sono sempre giochi che attivano la muscolatura, ma non sono attività scelte dall’adulto”, sottolinea. “Se si va a pattinare sul ghiaccio è comunque uno sport. L’adulto interpreta lo sport come l’organizzazione e la comprensione delle regole del gioco, fatto in quella determinata ora, in realtà il senso sociale è importante: il gioco è sempre attività sportiva in un certo senso. Quindi, se parliamo di sport inteso come gioco vanno tutti bene: pattinare, sciare. Nella nostra società, però, si preferisce la fisicità a un sano gioco sociale”.
Un tema nuovo ma ricorrente è quello delle arti marziali: “Sono esercizi di controllo motorio, controllo della forza, del movimento. Ma anche se alcuni insegnanti sono molto bravi a lavorare con i bambini , in realtà si cerca di insegnare un controllo del movimento in un’età in cui non si è ancora in grado di esercitarlo. È molto difficile trovare la relazione giusta con l’insegnante”.
L’equitazione, a giudizio del medico scolastico, “è uno sport meraviglioso, ma non troppo presto perché può creare problemi agli arti inferiori”. Per capirci, le gambe storte. Per i bambini delle elementari – conclude la dottoressa – è molto interessante anche solo stare vicino al cavallo: accarezzarlo, pulirlo, spazzolarlo, nutrirlo. Senza cavalcarlo. È più prudente proporre l’equitazione un po’ più avanti”.