L’insegnamento della scrittura

di Mariangela Costa

 

L’insegnamento della scrittura nella prima classe della scuola Waldorf si basa anch’essa sul principio di “vivificare l’insegnamento tramite l’arte.”

L’alfabeto, in quanto costituito da un insieme di segni convenzionali astratti, che per noi adulti è qualcosa di ormai scontato e acquisito, per il bambino invece risulta qualcosa di incomprensibile e lontano, di cui ancora non può comprendere né il significato né l’utilità.

Questo perché il bambino è costituito in modo tale da non avere la nostra struttura mentale: il suo modo di percepire la realtà è più simile a quello di un essere umano dell’antichità. Come l’uomo ha dovuto percorrere diverse tappe prima di arrivare alla scrittura, come oggi la conosciamo, così il bambino deve poter ripercorrere queste fasi per appropriarsene del senso più intimo. Infatti prima di arrivare all’alfabeto vero e proprio, ossia ai segni grafici che corrispondono convenzionalmente ad un determinato suono, la scrittura era costituita dall’immagine pittorica, poi da disegni più semplici e solo infine dall’immagine si è passati al segno astratto. Ciò non vuol dire, chiaramente, ripercorrere pedantescamente con l’insegnamento le fasi storiche reali dell’evoluzione della scrittura, ma solo di mantenere questo approccio evolutivo nell’insegnamento di essa. Steiner descrive in una delle sue conferenze dedicate alla didattica, questo sviluppo storico della scrittura, ma aggiunge:

Vi ho fatto già osservare che non dovete rendervi schiavi studiando accanitamente come la scrittura sia nata, nel passare dagli Egizi ai Fenici, ma che dovete tendere a sviluppare la vostra propria capacità animica. Ciò che ne potrà nascere potrà venir fatto da un maestro in un modo, da un altro maestro in modo completamente differente…Ma ognuno quando insegna, vi si applichi con tutto il suo essere. In tal modo la sua libertà sarà salvaguardata. (R. Steiner, Arte dell’educazione ecc., cit. p. 78)

Ciò di cui l’insegnamento deve fare tesoro, è la possibilità di ricavare la scrittura, e quindi le lettere dell’alfabeto, dal disegno: ma ciò va fatto secondo la propria creatività e inventiva, poiché la libera scelta dell’insegnante aggiunge forza e credibilità all’insegnamento stesso. Nei libri di didattica di Steiner si trovano numerosi esempi, che però hanno solo il valore di indicazioni, dalle quali l’insegnante deve poter sviluppare il suo personale metodo di insegnamento: solo da un vero sforzo di ricerca e di crescita personale nasce infatti la capacità di educare veramente.

Per insegnare a scrivere, dunque, Steiner suggerisce di partire dalla caratteristica pittorica delle lettere: infatti, a ben vedere, la lettera iniziale di ogni parola è un disegno, una forma di animale o di pianta o anche di un oggetto. Per esempio dal disegno di una falce, si può condurre il bambino, al segno della lettera “effe”, o da quello di una montagna al segno grafico della “emme”. Il bambino comincia quindi a pronunciare solo la lettera iniziale della parola falce, e poi gli si spiega che quel suono che egli ha pronunziato incominciando a dire falce, viene chiamato effe e si scrive disegnando proprio una falce. Effettivamente la storia della scrittura ha dovuto fare un simile percorso: nella civiltà egizia la scrittura era costituita dai geroglifici. I geroglifici erano disegni, semplificati al massimo, di oggetti reali: quindi la scrittura si basava proprio sull’immagine. Steiner porta un esempio basato sulle lingue moderne, quali il tedesco e l’inglese, ma che ha anche valore per la lingua egizia.

Gli Egizi avevano ben compreso che il suono M poteva venir espresso graficamente con ciò che si vede specialmente nel labbro superiore. Per questo motivo prendevano il suono della M dalla forma del labbro superiore. Da questo segno derivò poi quella lettera dell’alfabeto che troviamo in tedesco e in inglese per l’inizio della parola bocca: MUND, MOUTH, e che poi rimase uguale per ogni inizio, per tutto quello che comincia con M. (R. Steiner, Arte dell’educazione ecc., cit. p. 72)

Nel passaggio dalla civiltà egizia a quella fenicia la scrittura subì un ulteriore sviluppo dall’immagine al segno per il suono: ossia essa conserva la figura iniziale della parola, ma trasferisce questa figura iniziale al suono.

In tal modo l’indicazione della parola mediante l’immagine – prendendo sempre l’immagine dall’inizio della parola – diventò un segno che rappresentava il suono. ( R. Steiner, Arte dell’educazione ecc., cit. p. 72)

Seguendo queste indicazioni, ma senza dovervi aderire in modo pedante, l’insegnante può far sorgere tutte le varie lettere dell’alfabeto, sforzandosi anzi di trovare nuove idee e soluzioni. Mentre però le consonanti possono essere derivate da disegni di oggetti naturali o da animali, un discorso a parte va fatto per le vocali. E ciò perché il linguaggio, seguendo Steiner, esprime una duplice attività di simpatia e antipatia. Esso è infatti legato tanto al sentimento quanto al pensiero, e quindi si basa su un continuo ritmo di simpatia e antipatia:

Il fatto che nel linguaggio abbiamo un contenuto legato al pensiero dipende dal fatto che noi accompagniamo il nostro contenuto di sentimento con un contenuto di conoscenza e di rappresentazione. Si comprenderà però il linguaggio soltanto quando lo si considererà veramente come ancorato al sentimento umano. ( R. Steiner, Arte dell’educazione ecc., cit. p. 28)

Mentre il rapporto di simpatia si esprime nelle vocali, le consonanti esprimono un rapporto di antipatia. Naturalmente non si deve dare ai concetti di simpatia e antipatia il valore animico con cui siamo abituati ad avvicinarcisi; simpatia e antipatia vengono qui definite come forze archetipiche rispettivamente di unione e di separazione. Le vocali sono sempre espressione dei sentimenti che l’uomo porta incontro al mondo: sentimenti di meraviglia, ammirazione o paura. Mentre le consonanti devono essere considerate come imitazione di cose esterne: in esse si esprime l’antipatia, cioè il differenziarsi dell’uomo dal mondo, il prenderne le distanze.

Per l’insegnamento delle vocali, quindi, bisognerà partire sempre dalla consapevolezza che esse sono in stretto rapporto con l’interiorità dell’uomo e che esprimono la sua relazione con il mondo esterno. Prima di arrivare al segno grafico della “A”, allora, bisognerà passare attraverso il sentimento di meraviglia e di stupore di cui esso è espressione: si possono risvegliare questi sentimenti nel bambino, se non si presentano le vocali come semplici segni convenzionali astratti ma se vengono introdotti attraverso un racconto o una poesia, in modo tale che quella che è solo una conoscenza intellettuale, diventi un’esperienza interiore.

Anche nello scrivere si passerà gradualmente dallo stampatello maiuscolo, allo stampatello minuscolo e al corsivo, considerando continuamente che il gesto volitivo del bambino deve corrispondere ad un gesto interiore.