Camminare, parlare, pensare: i primi atti di pensiero
Il movimento del pensare
Durante il terzo anno di vita si può vedere, di tanto in tanto, il bambino ritirarsi dal gioco e dal movimento in una sorta di riflessione. Quel giocare e quel muoversi proseguono in lui su un piano invisibile che è il gioco dei suoi pensieri e dei nessi misteriosi tra oggetti e soggetti. Egli inizia a scoprire che avvengono eventi simili in luoghi e tempi diversi e che persone diverse svolgono attività simili. Oggetti e loro rappresentazioni entrano in dialogo ed ha luogo la prima identificazione di attività (es. “il fornaio fa il pane, la mamma fa il pane, anche la mamma è una fornaia”). Il giocare con il pensare avanza nel processo del “se… allora…”. Un evento si realizza, cioè, se ne avviene un altro che lo consente. Come ulteriore sviluppo nasce il pensiero produttivo, in cui il gioco del pensare si esprime attraverso riferimenti, distinzioni, eliminazioni.
Grande valore ha questo processo di tessitura!
Durante il secondo anno, il parlare stimolava lo sviluppo del pensare, era il genio della lingua che dava vita al linguaggio finché il pensare non prende il sopravvento e subordina a sé la parola. Il pensare ora si rende visibile. Prima di questo momento esso era impegnato nella tessitura della fisicità e del sentire e come pensiero era in una condizione di quiete. A volte eccezionalmente poteva risvegliarsi durante una condizione di malattia dolorosa, ma la guarigione riportava il bambino ad uno stato di “capo sognante”.
Quando linguaggio, ricordo e fantasia raggiungono un giusto grado di tessitura, nasce la vita animica secondaria che è la vita dell’anima la quale si esprime nel nostro pensare sentire e volere. Il filo del pensiero diventa continuativo e Io e Pensiero si guardano negli occhi per la prima volta nella presa di coscienza di sé. Prima di questo momento le esperienze corporee avevano avvolto e protetto il pensiero e come Rosaspina, il pensiero dormiva in attesa che il principe, cioè l’Io, lo risvegliasse con l’incontro.
Antipatia, simpatia, dialogo
Uno dei pilastri del pensare è la memoria e la cornice mnemonica, che matura durante il terzo anno di vita, si forma grazie alle forze di distacco che il bambino esercita nel suo sperimentare. Sono forze di antipatia e in questa sorta di esercizio di separazione e rinuncia si formano le immagini o rappresentazioni del mondo. La sfera della memoria è legata al capo ed al sistema neurosensoriale.
La fantasia ed il gioco nascono invece come espressione del movimento e della fusione con il mondo. Il gesto ha le qualità della simpatia perché il bambino si possa dimenticare, confondere e fondere con il mondo e con gli oggetti. Gli oggetti vengono riformulati dall’interno e cambiano destinazione. Poiché non sono ancora veramente destinati e individuati nella loro specificità; così è per l’individualità, sia per quanto riguarda il lato mnemonico, ancora mobile, sia per ciò che concerne la coscienza di sé e degli altri.
Nominare le cose diventa un po’ come metterle al mondo e porsi in relazione con esse nel dialogo ad esempio chiamando la mamma: “mamma vieni da me!” rappresenta un solido ponte tra il mondo e me. È senza dubbio un atto di grande coraggio il dialogo, che presuppone una base di fiducia data da esperienze ricche di nutrimento e sostegno amoroso.
La mamma poi risponderà e questo produrrà un nuovo sentire e una nuova possibilità di dire.
Conoscere, aver coscienza
A grandi linee si configura così il processo del conoscere.
Il bambino intorno ai tre anni interagisce con il mondo ed inizia a riflettere su di esso. Il mondo a volte gli risponde con simpatia a volte con antipatia e ciò lo aiuta a sviluppare diverse qualità del pensare, del sentire e del volere.
Memorizzare è l’opportunità di ripetere, rievocare. Giocare è la possibilità di innovare, inventare.
L’intreccio tra ricordare e dimenticare, distinguersi e fondersi nel dire e nel pensare, che sono due modi di dialogare rappresenta una sorta di archetipo conoscitivo.
Non c’è possibilità conoscitiva se non c’è distinzione dal mondo ed al contempo fusione con il mondo riconoscendosi cioè consustanziali al mondo.
Sapere di avere memoria consente di dimenticare il dato immediato dell’esperienza, di lasciare cioè che esso affondi nell’oblio. Con il trascorrere del tempo nasceranno nuove creazioni che non avranno più la fisionomia di quel dato ma che testimonieranno una relazione intima con esso.
La continuità della coscienza dell’Io sostiene il nostro addormentarci sapendo che al mattino ci risveglieremo e consente altresì di vivere sapendo che moriremo, poiché il filo della continuità persiste come sottile percezione di vita dopo la morte e di rinascita successiva.
Pensare ed Io già esistevano prima del loro incontrarsi. Certo è che il loro incontrarsi è il primo atto creativo cosciente che avvia l’organizzazione e il manifestarsi dell’essere umano verso la sua pienezza nella relazione con l’altro essere umano.
Giovanna Bettini
Articolo pubblicato su “Passaparola”
Bibliografia di riferimento:
K. Konig, I primi tre anni del bambino, ed. Il Capitello del Sole, 2000.
R. Steiner, La filosofia della libertà, ed. Antroposofica, 1992.
R. Steiner, Corso di pedagogia curativa, ed. Antroposofica, 1997.
Appunti dal convegno Reincarnazione e Destino nella pedagogia curativa, tenuto dal maestro Heiner Priess, Bologna, Novembre 2003.