L’autonomia della scuola, autonomia nella scuola
di Ursula Reicher
L’idea della “scuola autonoma” presuppone che le insegnanti e gli insegnanti abbiano sempre un doppio mandato: al compito pedagogico si aggiungono le sfide della conduzione della scuola. Di tale secondo ambito, che spesso viene trascurato e che tuttavia è la premessa per il lavoro pedagogico, se ne parla nel contributo portato dalla signora U. Reichert della Scuola Rudolf Steiner di Münchenstein.
Nei quindici anni durante i quali ho lavorato in piccole imprese dell’economia privata, fino a che ho cambiato la mia professione, ho notato che chi è disposto a partire all’azione, ben presto è in grado di prendere delle responsabilità e queste gli vengono anche affidate. Il fatto di partire all’azione è sempre stato per me motivo di sprone, e in tal modo è cresciuta pure l’opportunità di poter decidere con gli altri, offrendo così al lavoro quotidiano più soddisfazione e più diversificazione. Può darsi anche che abbia semplicemente avuto fortuna; non ho mai sperimentato i miei superiori come “capi”, che pensavano soltanto al loro interesse. Il più delle volte ho sperimentato una buona collaborazione e un rapporto di fiducia. Grazie a ciò ho conosciuto anche i lati d’ombra di una posizione superiore, di un titolare d’azienda o di un dirigente d’azienda. Con i lati d’ombra intendo la responsabilità che vi è connessa, la costante lotta per raggiungere nuove mete e successo economico.
Già poco tempo dopo l’inizio della mia attività come insegnante di materia, nel 1993 ad Arlesheim, mi fu chiaro che, per poter insegnare, volevo e dovevo farmi un’idea dell’organizzazione e delle strutture della scuola. Continuamente, vuoi in occasione delle diverse riunioni con i genitori, vuoi durante i colloqui con i genitori o quelli riguardanti i bambini, avevo modo di notare quanto sia diverso non avere, dietro le decisioni prese, ancora un capo o un direttore quale ultima istanza responsabile, bensì un Collegio e con esso io medesima.
Nel frattempo ho insegnato nell’8. anno alla Scuole Rudolf Steiner di Münchenstein. Quando iniziai, stava proprio ampliandosi un conflitto tra il Comitato dell’Associazione, il Collegio Docenti e i Genitori della comunità scolastica. Il Comitato uscente si era ritirato all’unanimità. A tutti i partecipanti era chiaro che le vecchie strutture non avevano più funzionato in modo soddisfacente e si rendeva necessario un rinnovamento. Il Collegio dei Docenti, con l’aiuto di un consulente esterno, insieme ad alcuni rappresentanti dei genitori sviluppò una nuova forma di organizzazione.
Dall’organigramma è evidente che ci sono 9 gruppi di lavoro. Vi sono gruppi in cui è rappresentato soltanto il Collegio, ad esempio la riunione pedagogica. In altri, come ad esempio nel Consiglio dei Genitori, oppure nella Commissione per i contributi dei genitori, sono rappresentati soltanto i genitori. Nella maggior parte dei gruppi tuttavia genitori e insegnanti collaborano nel modo più paritetico possibile.
L’ideale per noi insegnanti rimane sempre quello di mettere al primo posto l’insegnamento e il lavoro pedagogico. Accanto a questo però, ogni membro del Collegio dovrebbe avere ancora forza e tempo sufficienti per poter assumere compiti amministrativi. In tal modo tutte le responsabilità concernenti gli eventi della scuola verrebbero portate insieme. Noi stiamo proprio elaborando contratti tra la scuola e i suoi collaboratori, nei quali sono compresi tali compiti amministrativi. Autogestione non può tuttavia significare che ciascuno dovrebbe o sarebbe tenuto ad assumersi una volta tutti i compiti. L’autogestione è anche una questione di delega e di fiducia nelle capacità individuali del singolo.
Per molti anni abbiamo avuto la fortuna di avere un eccellente Presidente dell’Associazione della Scuola, intraprendente e volenteroso, molto dotato e comprensivo, genitore di allievi della nostra scuola, che seppe abbracciare con lo sguardo l’intero organismo, lo accompagnò e, quando il momento lo richiese, lo guidò anche. Quando tale Presidente volle dimettersi dal proprio impiego, ci fu chiaro a quale concentrazione di competenza avesse dato vita mediante la sua iniziativa. Ciò condusse ad un rinnovato adattamento della struttura, con un Comitato Direttivo collegiale. Esso è composto da due membri del Collegio e dall’ Amministratore della scuola. Le tre persone si incontrano ogni fine settimana per una seduta del Comitato Direttivo, della durata di circa un’ora e mezza. Vi vengono trattate le questioni che si sono presentate, che poi vengono inoltrate ai diversi gruppi di lavoro.
Durante le sedute dell’Associazione della Scuola, che hanno luogo ogni tre settimane, un’ora viene dedicata alle relazioni dei gruppi di lavoro. Quale rappresentante del Collegio dei Docenti, anch’io porto le richieste delle Colleghe e dei Colleghi e a mia volta riferisco nella riunione pedagogica su ciò di cui si è trattato.
Quanto più a lungo mi faccio carico del lavoro all’interno del Comitato Direttivo, tanto più mi diventa chiaro che una importantissima parte di tale lavoro ha molto a che fare con l’osservazione e la percezione dello stato della scuola, sia nel suo insieme che nelle sue singole parti. Così la scuola mi dice di cosa ha bisogno, e tale conoscenza dei compiti che attendono di essere realizzati è poi una parte del peso del mio zaino, che non sempre è facile da portare.
Mi sono accorta di non poter assolvere illimitatamente i molteplici compiti accanto ad un incarico a tempo pieno. Tuttavia ci sono voluti tre anni, prima che venissi alleggerita di 3 lezioni alla settimana, e di ciò sono molto contenta. Nonostante infatti tutte le soddisfazioni e le gioie che mi provengono dai vari lavori, lotto continuamente per mantenere un rapporto equilibrato tra la scuola e la famiglia. Ci deve essere sempre spazio per poter attingere nuove forze, visitando un museo o facendo una passeggiata. Anche l’occuparmi dell’opera di Rudolf Steiner fa sì che mi accosti ogni giorno di nuovo, con coraggio e ottimismo, a tutti i compiti menzionati.