Salutogenesi: le fonti della salute fisica, psichica e spirituale

Dott.ssa Michaela Glöckler*
(edizioni Weleda Italia)

FAVORIRE LA SALUTE O EVITARE LA MALATTIA?

C’è una nuova direzione di ricerca, la salutogenesi, che si occupa di studiare le fonti della salute fisica, psichica e spirituale. Il termine salu­togenesi è formato dalla parola latina salus, salutis = salute,e dalla paro­la greca genesi = origine, inizio, derivazione. La salutogenesi si occu­pa quindi delle “cause” della salute. Essa fonda in tal modo un nuovo paradigma, un nuovo modello nella direzione della ricerca medica.

Il paradigma dominante in medicina negli ultimi trecento anni è stato quello della patogenesi. Questo termine si compone, analogamente a salutogenesi, di due parole greche: pathein = soffrire, e genesi. Il suo significato è dunque:l’origine della sofferenza,la causa della malattia.La patogenesi si occupa infatti di indagare le cause di malattia. Anche il concetto di prevenzione si è sviluppato secondo questa concezione: prevenire le malattie, nel senso della patogenesi, significa evitare o eli­minare i fattori che sono causa di malattia. In una medicina che abbia quindi come paradigma dominante quello della patogenesi c’è dunque sempre in primo piano la questione di come sorge la malattia e di come essa possa essere evitata, eliminando i fattori causali.

Il concetto di salutogenesi fu sviluppato già negli anni ‘60 del XX secolo in ambito anglosassone; ma solo in Germania, negli anni

‘90, esso ha cominciato ad essere considerato negli ambienti acca­demici e nelle politiche sanitarie. Una delle cause di questo ritar­do è senz’altro il fatto che la vecchia concezione fondata sulla patogenesi ha, per molto tempo, ricevuto una copertura finanzia­ria. Ma alla fine degli anni ’90 l’esplosione dei costi del sistema sanitario e le conseguenti difficoltà finanziarie, hanno favorito a livello internazionale la sensibilità verso un nuovo concetto di salute, la salutogenesi appunto. Secondo questo nuovo modo di vedere la domanda fondamentale non è più: «Quali sono le cause della malattia, e come si possono prevenire?» Bensì: «Quali sono le fonti della salute, come si crea, e come può essere rinforzata?»

Qual è la differenza essenziale fra questi due concetti, quello di patogenesi e quello di salutogenesi?

Prendiamo il caso di un’infezione: la ratio patogenetica è basata sul modello del contagio. Mi chiedo: «Cosa, e come, mi ha conta­giato? Di che virus, o batterio, si tratta? Che antibiotico posso usare?»

Partendo dal punto di vista salutogenetico invece mi chiederò: «Perché proprio io ho contratto ora questa infezione, mentre le persone che mi stanno intorno sono rimaste immuni?» La domanda sul perché una persona venga contagiata, mentre un’al-tra no, è un campo di ricerca della salutogenesi.

Un altro esempio: dopo il disastro nucleare di Chernobyl un’al-ta percentuale di popolazione ha contratto leucemie e tumori. Ma perché non si sono ammalati tutti, visto che erano stati esposti tutti nello stesso modo? Cosa ha protetto chi non s’è ammalato? Quali fonti di salute hanno agito?

SALUTE PSICOSOCIALE
IL PUNTO DI VISTA ECONOMICO

Non solo lo stato, ma anche l’economia si interessa al principio della salutogenesi. Nel 1994, durante un incontro dei membri dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio (OMC), fu sottoscrit­to l’accordo GATS (General Agreement on Trade in Services), vale a dire un accordo generale che permette la commercializzazione di ogni sorta di servizi sociali. L’accordo fino ad oggi è stato ratificato da 120 Stati, che sono pronti a cedere i servizi sociali ai privati.

Di conseguenza i servizi sociali devono essere ristrutturati in modo nuovo e trasparente.A tale scopo, sono state messe a punto delle procedure di controllo della qualità, che consentono di descrivere nei dettagli le singole prestazioni dei servizi; per esem­pio, il tempo impiegato per eseguire in modo ottimale un determi­nato intervento terapeutico. Il problema è però che ciò che non è immediatamente efficace ed economico, non viene nemmeno più finanziato. Un sistema di valutazione di qualità, deve tener conto anche di altri valori, come la dedizione umana alla professione, o il tempo dedicato ai bisogni dell’individuo in quanto tale, e non solo in quanto “utente”. Forse una persona non vuole essere solo porta­ta alla toilette in modo efficiente e a tempo di record, ma potrebbe anche avere bisogno di parlare di un argomento per lei importan-te.Tutto viene invece tradotto in termini finanziari. Così il control­lo di qualità contribuisce effettivamente ad un aumento dell’effica-cia in senso economico, ma profila un pericoloso tipo di regola­mentazione in ambito sociale, in cui non si tengono più in consi­derazione gli effettivi bisogni umani. Si aprono allora nuove impor­tanti questioni sulla formazione di un sistema sanitario veramente moderno, orientato al futuro, in cui anche le iniziative dei cittadini e le associazioni dei pazienti siano assolutamente da coinvolgere.

Nel suo libro Il sesto Kondratieff, Leo Nefiodow ha descritto l’evoluzione dell’economia secondo determinati intervalli di tempo, i cosiddetti cicli di Kondratieff, dal nome dello scienziato russo Nikolai D. Kondratieff (1892-1938). Nel 1926 Kondratieff aveva sco­perto dei cicli ondulatori della durata di 40-50 anni, e aveva notato che ogni 40-50 anni si manifesta un impulso completamente nuovo, che conferisce al mondo dell’ecomomia un deciso rinnovamento:

Macchina a Siderurgia Elettrotecnica Petrolchimica Informazione ?
vapore e chimica e computer

Le onde lunghe della congiuntura e le loro innovazioni di base

Osservando il diagramma si nota che intorno al 1800 fu scoperta la macchina a vapore e cominciò la lavorazione industriale del coto­ne (industria tessile); poi (1850) venne il momento dell’industria siderurgica (ferro e acciaio) e ancora dopo (1900) dell’industria lega­ta al petrolio e ai suoi derivati (produzione automobilistica e delle materie plastiche); da ultimo (1990), abbiamo l’era dell’informazione e del computer. Questi impulsi hanno determinato di volta in volta la direzione dell’economia. Ora, sembra che il boom dell’industria del computer e dell’informazione terminerà il suo ciclo anche prima del previsto, rendendo ancora più viva la domanda: «Da cosa sarà carat­terizzata la prossima onda economica?» Secondo tutte le previsio­ni il prossimo indirizzo sarà orientato proprio alla salute psicosocia­le, ovvero al mercato dei servizi sociali. Secondo i calcoli dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) se la dipendenza da droghe e da farmaci crescerà al ritmo in cui è cresciuta negli ultimi vent’anni, nel 2100 il 50% della popolazione sarà farmaco o tossicodipendente; in altri termini,una persona su due sarà assuefatta all’abuso di sostan­ze e avrà più o meno bisogno di aiuto. In economia si nota già oggi che le assenze dal lavoro dovute a disturbi psicosociali stanno diven­tando un problema sempre più grave. Le persone non hanno più tanta resistenza, si mettono sempre più spesso in malattia, e sono sempre meno capaci di assumersi delle responsabilità.Se l’economia vuole raggiungere una stabilità durevole, ci deve essere un sufficien­te numero di persone sane.Anche per questo motivo l’economia si interessa ai concetti della salutogenesi.

Per prepararsi a tutto questo, va elaborato un sistema che per­metta di descrivere i servizi concreti in modo tale che possano essere messi sul mercato e comprati dai clienti. Così, oggi, alcuni istituti sociali, come case di cura per anziani, scuole e asili, comin­ciano a confrontarsi con la questione del controllo di qualità e della gestione secondo determinati standard qualitatitivi. In tal modo da una parte viene innalzata (si spera!) la qualità del lavoro e dell’erogazione dei servizi; d’altra parte però, questi servizi ven­gono messi semplicemente in vendita, con diverse modalità. La previsione è che fra non molto la società raggiungerà un rapporto di 20/80, in cui solo il 20% della popolazione lavorerà, mentre l’80% dovrà essere socialmente assistitito; questa visione, pone a tutti noi, e in particolare alla nostra Associazione a favore di strut­ture sanitarie antroposofiche, il compito di lavorare insieme affin­ché questa percentuale si rovesci. L’80% della popolazione dovreb­be essere abbastanza sano e attivo da voler lavorare e da potere imparare a creare nuovi posti di lavoro sulla base di nuove visioni globali economiche, politiche e sociali, per poter provvedere a quel 20% che non può farlo.

In seguito all’esplosione dei costi delle strutture sanitarie, oggi dobbiamo lavorare insieme con chi si occupa di politica e di eco­nomia, per favorire, quanto più possibile, la salute dell’uomo.

CHE COS’È IN REALTÀ LA SALUTE?

La salutogenesi si propone di diffondere nella società la coscienza verso le cause della salute e della guarigione individuale e sociale.

Rudolf Steiner (1861-1925), già in una conferenza del 1920, auspicava con forza che i medici prendessero in considerazione la salute dell’intera umanità, nel momento in cui vogliono aiutare il singolo paziente. Perché? Perché ogni essere umano è parte di un complesso più vasto, ed egli influenza questo complesso in un modo o nell’altro, che ne sia cosciente o meno, tramite la qualità dei suoi comportamenti esteriori e dei suoi atteggiamenti interio­ri, sia verso l’esterno sia verso sé stesso. Ogni singolo individuo è attivamente coinvolto nello sviluppo della terra e dell’umanità. Quanto più riesco ad agire secondo una prospettiva globale, anche nelle cose minime, tanto più contribuisco alla salute e alla prosperità del tutto. Quanto più resto isolato, agisco e lavoro in modo sconnesso dall’organismo complessivo, tanto più corro il pericolo di diventare un fattore di malattia nel processo evolutivo. Come vedremo anche dopo, essere sani significa anche essere integri, essere cioè parte dell’insieme; la malattia è sempre la con­seguenza di un isolamento o dello staccarsi dall’organismo di un singolo processo, funzione o sostanza.

Ognuno di noi deve quindi cercare, con le proprie piccole azio­ni, di essere coerente con le mete più generali dell’umanità, e di non perdere mai di vista questo scopo nell’azione quotidiana.

Il padre del paradigma salutogenetico è Aaron Antonovsky (1923-1994). Egli aveva ricevuto, dal governo israeliano, l’incarico di valutare lo stato di salute delle persone anziane in Israele; per far questo stabilì dei criteri di misurazione della salute dal punto di vista fisico e psichico. Con sua grande sorpresa constatò che tra le persone più sane che aveva trovato, stavano anche coloro che erano sopravissute all’orrore dell’olocausto.

Abraham Maslow (morto nel 1970), che insieme a Carl Rogers ed Erich Fromm è stato uno dei fondatori della psicologia e della psicoterapia umanistica, nelle sue ricerche sulla salute psichica incontrò a sua volta grosse sosprese. Per stabilire i criteri per la salute fisica, egli visitò un certo numero di persone in ottima salu­te. Le persone che egli constatò essere le più sane, avevano avuto tutte esperienze interiori critiche, esperienze di natura spirituale come per esempio un’esperienza extracorporea, un incontro con Dio, o altre esperienze mistiche. Egli constatò anche che in ogni persona psichicamente malata, c’è un nocciolo di salute. Se questo viene rafforzato a sufficienza, l’individuo può confrontarsi meglio con i propri problemi e agire in modo più salutare anche sulle per­sone che lo circondano.

Un altro proposito della salutogenesi è la cosiddetta ricerca sulle forze di resilienza*. Il termine viene dall’inglese resilience,e significa capacità di resistenza. La ricerca sulle forze di resilienza ha evidenziato che l’ereditarietà e l’ambiente non sono fonda­mentali per lo sviluppo umano, mentre è determinante un terzo fattore, che finora non era mai stato considerato con molta atten­zione: il fattore della relazione umana.

Cosa caratterizza una buona relazione? Sono fondamentali tre tratti tipicamente umani:

-sincerità, veracità, lealtà;

– amore;

– rispetto dell’autonomia e della dignità dell’altro, anche nei confronti dei più piccoli o delle persone in stato di grande bisogno.

Se un bambino sperimenta questo tipo di rapporto, positivo, anche verso una sola persona o anche solo per un determinato periodo della sua infanzia, può crescere psichicamente sano, anche se le sue condizioni di vita sono per il resto molto sfavorevoli, se per esempio viene picchiato spesso o non viene accudito in modo adeguato. Se si instaura una relazione interiore profonda con una persona, la sua salute psichica può essere del tutto adeguata; al con­trario, le esperienze infantili negative possono anche farne una per­sona particolarmente sensibile e capace di compassione. Il libro Plus fort que la haine (Più forte dell’odio) di T. Guenard, che in Francia ha suscitato grande sensazione, ne è un chiarissimo esempio. Più forte dell’odio è l’esperienza d’amore e di condivisione umana, che un bambino di 3 anni, gravemente traumatizzato e trascurato, sperimenta durante tre preziosi mesi in cui è affidato a una famiglia. Questa esperienza gli lascia un’im-pronta per tutta la vita successiva e gli permette di identificarsi con ciò che è buono e amorevole.

Cosa rafforza i bambini. L’educazione tra rischio e resilienza (Was Kinder stärkt. Erziehung zwischen Risiko und Resilienz di Opp e Freytag) è il titolo di una pubblicazione tedesca in cui sono analizzati molti studi sulla qualità della vita dei bambini, e dai quali si può dedurre da dove nasce la salute e in che modo viene pre­disposta per tutta la vita.

LE FONTI DELLA SALUTE FISICA,
PSICHICA E SPIRITUALE

Quali sono gli elementi più importanti della ricerca di Antonovsky sulla salutogenesi, e delle ricerche di Marlow sulla salute psichica e sulla resilienza? Essi si possono riassumere in tre aspetti fondamen­tali, ovvero tre princìpi guida per lo sviluppo della salute.

Sul piano fisico abbiamo il principio dell’eterostasi. Il termine è formato dalla parola greca etero = altro, diverso, e da quella lati­na stasi = stato, condizione: il significato è quindi di diverso stato, altra condizione. Il concetto si oppone a quello di omeo­stasi (dal greco omeo = uguale, simile, stesso stato, condizione simile).

Secondo il modello patogenetico lo scopo dell’organismo è quel­lo di provvedere in senso omeostatico a mantenere un ambiente il più possibile costante. L’omeostasi è chiaramente fondamentale; ma altrettanto, e ancor più, lo è la domanda: «Come viene raggiunta l’o-meostasi?»

Secondo il modello salutogenetico la qualità essenziale dell’or-ganismo sano non è l’omeostasi, ma il fatto che esso trasforma ininterrottamente processi eterostatici in processi omeostatici, il che gli consente di elaborare un enorme numero di processi e una grande capacità di adattamento.

Aspetto essenziale del principio salutogenetico è quindi la facoltà dell’uomo di confrontarsi con ciò che gli è estraneo, di sopportare i conflitti, e in questo confronto di rafforzarsi. Il prin­cipio dell’eterostasi significa anche imparare, non solo ad evitare lo stress, ma anche a sopportarlo. Si tratta di conoscere i limiti della sopportabilità fisica e psichica, per poterli poi ampliare.

Questo principio salutogenetico si ritrova in alcune idee che la medicina antroposofica ha sempre sostenuto: quella per cui, per esempio, le malattie esantematiche sono un bene per i bambini; esse favoriscono lo sviluppo del sistema immunitario, la capacità di autoregolazione e di autoguarigione.

Bisogna allora porsi la domanda sul senso delle vaccinazioni, che vengono propagandate con tanta forza dal sistema sanitario pubblico. Naturalmente bisogna sempre chiedersi, in ogni singolo caso: questo determinato bambino è abbastanza forte per con­frontarsi con la malattia? Questa valutazione è un dovere preci­puo del medico. Se si ritiene che la costituzione del bambino sia troppo debole per permettergli di confrontarsi con la malattia esantematica, è naturalmente sensato vaccinare il bambino, oppu­re trattarlo con antipiretici o antibiotici nel corso dell’infezione. Ma è altrettanto importante, che al bambino non venga evitato il confronto con tutte le malattie infettive tramite una sconsiderata vaccinazione di massa, privandolo in tal modo della possibilità di sviluppare nuove e più ampie capacità di resistenza.

Per il principio patogenetico vale il consiglio: «Vaccinati contro ogni virus influenzale, evita quanto più possibile lo stress e le preoccupazioni, mettiti in mutua, e tieni pronta una compressa per ogni malessere.»

Per il principio salutogenetico invece è importante porre la domanda: «Come posso imparare a venire a capo di tutte le situazioni che mi capitano nella vita, ad essere interiormente ed esteriormente flessibile? Come posso diventare tollerante verso le frustrazioni, verso lo stress, sviluppando un carattere stabile?»

Sul piano psichico, secondo il principio salutogenetico, dobbia­mo creare un senso di coerenza (in inglese: sense of coherence), una percezione per la rete che unisce fra loro tutte le creature. Solo quando l’uomo riesce a cogliere i grandi e piccoli nessi uni­versali della propria vita, può trovare il senso della sua esistenza.

Come si impara a sviluppare un senso di coerenza, di sintonia con il tutto? Antonovsky dice molto semplicemente: «Il bambino, tra­mite l’educazione, deve sviluppare una concezione del mondo appagante, soddisfacente. Deve potere imparare, che il mondo è:

-comprensibile

-sensato, significativo, prezioso;

-accessibile.»

In questo senso quindi una concezione del mondo è soddisfa­cente se ci aiuta a trovare noi stessi e a stare nella vita in modo che essa abbia un senso. Per esempio, dopo la seconda guerra mondia­le c’erano molti bambini oppressi da gravi forme d’ansia, sia per le esperienze fatte durante la guerra, sia a causa di racconti di orrori accaduti durante la guerra (per esempio il lancio della bomba ato­mica sul Giappone). In questi casi è fondamentale avere almeno una persona al fianco che sappia comprendere la situazione del bambino, a cui il bambino possa fare domande, e lo aiuti a svilup­pare il sentimento di coerenza di cui abbiamo detto. Esso può per­lomeno aiutarci a convivere con preoccupazioni e ansie di questo tipo, e a sviluppare la speranza che si può fare qualcosa per supe­rare la paura e le cause della guerra. Analogamente ci sono stati bambini nella stessa condizione riguardo ai fatti dell’11 settembre,

o alla guerra in Irak. Naturalmente, per comprendere ed elaborare questi eventi sono necessarie per noi le discussioni, i reportages, l’informazione detta­gliata e diversificata. Ma per il bambino, a seconda dell’età, è fonda­mentale avere una persona vicina, meglio se la mamma o il papà, che comprenda questi accadimenti e ne sia ben consapevole, e tuttavia sprigioni speranza e fiducia nella vita. È di grandissimo aiuto che ci siano delle persone che conoscono le situazioni pericolose e i gran­di problemi, li sappiano inquadrare, e tuttavia conservino un atteg­giamento di buon umore, di positività e di normalità verso la vita.

Ci sono opportunità di lavorare nel piccolo per creare un senti­mento di coerenza. Nella scuola Walfdorf per esempio viene reci­tata in classe ogni giorno, prima della lezione principale, la cosid­detta poesia del mattino. Questa che segue è quella che Rudolf Steiner, il fondatore della pedagogia Waldorf, ha scritto e consi­gliato per gli allievi a partire dalla quinta elementare.

Io guardo nel creato
Ich schaue in die Welt,

in cui risplende il sole,
In der die Sonne leuchtet,

in cui brillan le stelle,
In der die Sterne funkeln,

in cui giaccion le pietre,
In der die Steiner lagern,

vivendo crescon piante,
Die Pflanzen lebend wachsen,

l’animal sentendo vive,
Die Tiere fühlend leben,

l’uomo con la sua anima
In der der Mensch beseelt

dimora offre allo spirito.
Dem Geiste Wohnung gibt.

Io guardo nell’anima
Ich schaue in die Seele,

che vive entro di me.
Die mir im Innern lebt.

Lo spirito di Dio tesse
Der Gottergeist, er webt

nella luce del sole e nella luce dell’anima,
Im Sonn’ und Seelenlicht,

là fuor nel vasto spazio,
m Weltenraum, da draußen,

nell’anima, in profondo.
In Seelentiefen, drinnen.

A te, Divino Spirito,
Zu Dir, o Gottergeist,

pregando vo’ a parlare:
Will ich bittend mich wenden,

forza e benedizione
Daß Kraft und Segen mir

per studio e per lavoro
Zum Lernen und zur Arbeit

s’accrescano entro me.
In meinem Innern wachsen.

In questa poesia non si esprime una concezione del mondo; con essa non si vuole inculcare una determinata visione delle cose, come avviene nel caso delle ideologie. Si tratta piuttosto di un processo di crescita interiore, tramite cui l’essere umano gra­dualmente si avvicina con sempre maggiore intensità ai processi del mondo, tramite l’apprendimento e il lavoro continui.

Fondamentale per favorire il sentimento di coerenza nel bambi­no, anche nella scuola, è altresì l’esempio che danno gli adulti lavo­rando essi stessi al proprio sentimento di coerenza, e continuando a svilupparlo nei confronti di se stessi e del mondo. Si tratta di uno dei compiti più importanti del nostro tempo, il cosiddetto quinto periodo di civiltà post-atlantica, che, come dice Steiner, è comincia­to nel XV secolo. Segno caratteristico di questa epoca è, secondo Goethe, il patto con il male,il patto tra Mefistofele e Faust.Tutto nella nostra epoca è indizio di questo confronto interiore ed esteriore con il male e la disposizione al male. L’enorme quantità di scene di cru­deltà e distruzione diffuse con televisione e videocassette, è suffi­ciente a fare sì che nessuna persona che abbia sviluppato un mini­mo di autocoscienza possa sottrarsi a questo confronto.

Quando si sa riconoscere il male, il pericolo di praticarlo, o di rimanervi invischiati, è minore. Nel riconoscere e nel superare il male, cresce la possibilità di fare ciò che è buono, amorevole e vero. Un antico proverbio cinese dice: «Ci sono solo due vie per diven­tare saggi: tramite la comprensione o tramite la sofferenza».

Il terzo fattore fondamentale, quello che proprio oggi è il più difficile da imparare, è costruire nelle persone una resilienza dello spirito, nella fiducia che il percorso e l’evoluzione dell’u-manità abbiano un senso profondo. Quante persone ci sono oggi che cadono in depressione, perché hanno perso la fiducia nel senso dello sviluppo dell’umanità, o non hanno più fede in Dio e negli esseri umani! Gli orrori, le violenze, la corruzione, le guerre e le catastrofi, che i media ci riportano quotidianamente, sono per molti di noi difficili da sopportare. Ne conseguono malattia, dro­ghe o abuso di medicamenti, oppure atti di terrore e disperazio­ne, fino al suicidio. È proprio qui che va costruita una visione del mondo che aiuti a comprendere e ad elaborare in modo sensato il male, gli elementi negativi e distruttivi. Hans Jonas (1903-1984) un filosofo ebreo, contemporaneo e collega di Aaron Antonovsky, ha influenzato profondamente il dibattito etico del XX secolo con il suo libro Prinzip Verantwortung (Principio responsabilità).Al centro della sua filosofia sta una responsabilità segnata in senso umanistico, basata sulla dignità dell’uomo. La madre di Hans Jonas era morta nelle camere a gas di Auschwitz. Per lui, ebreo devoto, questo era incomprensibile. Secondo la tradizione ebraica Dio vive e opera nella storia, accompagnando l’uomo nel processo storico.

Dio, per così dire, si può sperimentare nella storia, e non puni­sce i giusti. Dopo la tragedia dell’olocausto, Jonas poteva solo chie­dersi: «Dov’era Dio ad Auschwitz? Ha distolto il suo sguardo dal-l’umanità e l’ha abbandonata? Forse non c’è mai stato? Oppure Dio ha cambiato il suo rapporto con gli uomini? Il rapporto di Dio con l’umanità si è forse trasformato nel corso dell’evolu-zione?» Sulla via di queste domande Jonas giunse a un’idea pro­cessuale di Dio, in evoluzione, come si può leggere nel suo libro Il concetto di Dio dopo Auschwitz. In questo lavoro egli si chiede: «Può Dio essere ancora considerato onnipotente e onnisciente, dopo l’olocausto?» La risposta che Jonas dà è che Dio, in relazione agli uomini, non può più essere onnipotente e onnisciente, altri­menti l’olocausto non sarebbe mai avvenuto. Dio ha condiviso l’onniscienza e l’onnipotenza con gli uomini, dando loro la possi­bilità di decidere in libertà per il bene, ma anche la possibilità di sbagliare e di deviare nel modo più orribile.

L’uomo oggi deve sapere quel che fa; egli è responsabile delle pro­prie azioni, non Dio. Jonas scopre che la sfera della vera e propria umanità è la sfera del centro, la sfera del cuore, della coscienza morale e dell’amore, che va conciliata con la libertà dell’essere umano e con la sua conoscenza autonoma.Solo in questa sfera è pos­sibile mantenere un’alleanza stabile tra l’uomo e Dio, dalla creazione al nostro tempo. Della conoscenza e del potere l’uomo può abusare.

Essi servono all’uomo per lo sviluppo delle proprie facoltà e della propria autocoscienza. L’amore però esiste. Esso caratterizza la natura eterna dell’uomo, alla quale Dio resta sempre legato, anche ad Auschwitz. Dio è amore, e questo Dio-amore poteva esse­re presente anche ad Auschwitz, ed essere vicino agli uomini anche nelle camere a gas. Questo concetto di Dio dopo Auschwitz ha salvato l’immagine di Dio per Jonas. Essa è però anche il mas­simo dei principi della salutogenesi. È il principio dello stesso spi­rito umano dotato di Io. Questo principio mette in moto ogni sorta di risorse di resistenza nell’essere umano. C’è una risposta alla domanda: «Cosa mi permette di resistere agli attacchi sul piano fisico, psichico (animico) e spirituale, per mantenermi sano?» Al riguardo vi sono tre principi fondamentali.

I tre principi fondamentali

Il primo principio è quello della religiosità, ovvero di coltivare in modo cosciente la relazione con Dio e con il mondo spiritua­le: io sono in Dio e Dio è in me. Io sono un essere assolutamente inviolabile, così come ha descritto Aleksandr Solzenicyn in Arcipelago Gulag: un soldato russo gli vuole calpestare il viso con lo stivale infangato; egli giace a terra, vede lo stivale avvicinarsi e in quel momento pensa: «Puoi solo distruggere il mio corpo, al mio spirito non puoi nemmeno avvicinarti.»

La più forte risorsa di resistenza è l’esperienza di Dio, l’espe-rienza mistica, ovvero l’esperienza della propria profonda identità, del proprio Io come entità eterna.

Il secondo principio dell’inviolabilità, che mette in moto le forze di resistenza, è il principio della relazione umana. Chi si è trovato in situazioni di difficoltà estrema, racconta sempre che ha potuto superare queste situazioni perché si sentiva profondamente unito con una o più persone. Nelson Mandela, per esempio, racconta che durante i lunghi anni della sua prigionia ciò che lo tenne saldo fu la consapevolezza che sua moglie, fuori, continuava la lotta. Le rela­zioni intime, calde, affidabili, siano con la madre, il padre, i nonni, gli amici, l’amato o il coniuge, hanno il potere di proteggere; non ci si sente più soli, si sa che in qualsiasi momento non si è abbando­nati, ma si è continuamente circondati e sostenuti dall’amore. Questa forza può derivare anche da un intenso rapporto con per­sone defunte. Chi sperimenta questa forza, e sa anche portarla incontro agli altri, è in grado di sviluppare resistenza in frangenti difficili. Egli sa che vale la pena vivere nonostante l’incubo del momento che sta vivendo, sa che esso prima o poi passerà.

Il terzo principio messo in evidenza dai dati statistici basati su que­stionari nell’ambito della ricerca sulla salutogenesi, si riferisce al denaro e alla proprietà. Una villa a Maiorca o un bel conto in una banca svizzera… anche questi conferiscono forza. Se io so che, quan­do sarà superata l’attuale fase di difficoltà,grazie a queste risorse mate­riali potrò gustarmi appieno la vita, trovo più forza per resistere.

Tutti questi principi hanno in comune le caratteristiche della sicu­rezza e dell’identificazione (ovvero dell’essere) come esperienza esi­stenziale sui tre piani: spirituale, animico (psichico) e materiale.

ACCEDERE ALLE FONTI DELLA SALUTE:
IL NUOVO COMPITO DELLA MEDICINA

Il principio della salutogenesi, orientato all’eterostasi e all’atti-vazione delle difese corporee individuali, porta un ampio rinnova­mento in tutti i campi della medicina moderna.

Tra questi va compresa anche una corretta alimentazione, con cibi sostanziosi e coltivati in modo sano. Digerire e trasformare in sostanza propria questo tipo di alimenti richiede all’organismo uno sforzo maggiore di quanto esso non faccia per verdure in sca­tola e per vitamine in pillole.Tutto ciò che è stato precotto o pre-digerito, che venga assunto come sostitutivo o già pronto, non sti­mola adeguatamente l’attività dell’organismo. Il principio basilare di una sana alimentazione è l’attivazione, non lo sgravio e il rispar­mio. Anche i farmaci della medicina antroposofica hanno lo scopo di rafforzare le difese proprie del paziente. Il lavoro non viene risparmiato all’organismo; al contrario: i farmaci aiutano l’or-ganismo a sviluppare e a mobilizzare la propria capacità di resi­stenza e le forze di autoguarigione.

Un altro campo di rinnovamento e di ricerca delle fonti della salu­te è quello dell’educazione: se l’educazione tiene conto delle neces­sità del bambino,offrendogli e chiedendogli quello che è corretto per la sua età, lo aiuta ad acquisire padronanza di sé stesso e a crescere.

Per il bambino è importante avere intorno a sé dei modelli tra­mite i quali egli impara ad accettare le sfide e ad affrontare le dif­ficoltà. I bambini devono avere la possibilità di misurare le proprie forze confrontandosi con gli adulti di cui hanno fiducia, per speri­mentare e consolidare le loro facoltà. Una buona educazione si caratterizza per la sincerità, l’amore e il rispetto per gli altri. La sin­cerità però è l’elemento fondamentale, poiché per quanto siano importanti l’amore e il rispetto per l’autonomia, essi non potreb­bero svilupparsi senza la base della sincerità (che è, per così dire, l’amore sul piano della conoscenza). Tramite un chiaro pensare, che significa salute sul piano spirituale, il bambino impara a tro­vare il giusto rapporto col mondo e a stare bene in esso.

Sanare, in alcune regioni di lingua tedesca, significa anche aggiu­stare, ad esempio aggiustare un giocattolo. La parola sano significa quindi non solo in salute, ma anche integro, intero. La salute è l’in-tegrazione, l’accordo di tutte le funzioni. Salute significa però anche salvezza in senso religioso, l’intervento del sacro in noi.

L’antroposofia, quale conoscenza dell’anima e dello spirito del-l’uomo, può collegarsi fin nei particolari a questo nuovo concet­to di salutogenesi. Questo però implica, in particolare per i medi­ci e gli insegnanti antroposofi, anche la responsabilità di contri­buire con la propria ricerca affinché questo concetto trovi una vasta diffusione e applicazione. È inoltre necessario cominciare a trattare la realtà dello spirito nel dibattito scientifico e medico, senza più escluderla in quanto argomento trascendente, affidan­dolo completamente ai teologi e ai filosofi.

La salute dell’uomo moderno dipende fondamentalmente da come egli concepisce sé stesso e da quali strade di sviluppo sceglie per sé. Da qui deriva la necessità di parlare dell’autoeducazione.

LA SALUTE
OGGI E DOMANI

Ognuno può imparare a diventare più sano e più umano, se ridesta in sé le sfere divino-spirituali. Come questo possa accade­re, lo ha esposto Rudolf Steiner in qualità di esperto insegnante nel campo nell’autoevoluzione. Nei suoi libri: L’iniziazione, La Scienza occulta e Teosofia, egli spiega chiaramente che l’acquisi-zione della conoscenza, il desiderio di una evoluzione superiore o gli esercizi meditativi, sono benefici solo se i risultati di questo lavoro trasformano la vita quotidiana. L’autoevoluzione, così con­cepita, significa acquisire esperienza di vita e scoprire l’esistenza in tutte le sue sfaccettature, nelle sue cose belle e in quelle meno belle. Come si possono in fondo imparare caratteristiche umane tanto grandiose come la venerazione, la calma interiore, il corag­gio, la fiducia, la speranza, la lealtà, la devozione, l’amore, la vera­cità, il rispetto della libertà altrui, se queste caratteristiche non vengono coltivate giorno per giorno, ed anzi, non si formano e si consolidano proprio nelle situazioni quotidiane? Ecco quello che dice Steiner:

«Per molti uomini già la vita abituale è di per sé un pro­cesso più o meno incosciente d’iniziazione attraverso la prova del fuoco. Si tratta di coloro che passano per svaria­te esperienze di genere tale che la loro fiducia in sé stessi, il loro coraggio e la loro fermezza, crescono nella direzione giusta, e che imparano a sopportare con grandezza d’ani-mo, e soprattutto con calma e forza costante, il dolore, la delusione e l’insuccesso delle loro imprese. Chi ha attraver­sato esperienze di questo genere è già spesso, senza esserne chiaramente consapevole, un iniziato; e poco più occorre perché gli si dischiudano gli orecchi e gli occhi spirituali, in modo da diventare chiaroveggente.»

Rudolf Steiner, O.O. 10, pag. 63.

Il cammino interiore (o autoeducazione) antroposofico, descritto da Rudolf Steiner in più di un’occasione, ha proprio lo scopo di permettere a coloro che lo desiderano con consapevo­lezza e con vigore, di seguire questo cammino di iniziazione. Si comincia con il concentrarsi su una situazione, o su una qualità da imparare. Ci si immagina mentalmente la situazione con tutta calma, la si confronta con la propria esperienza di vita, e si riflette su quali siano state le occasioni in cui si è fatta la conoscenza di questa qualità, e quali siano le condizioni per perfezionarla ulte­riormente. A tal fine si può meditare regolarmente su queste qua­lità di pensiero o di sentimento, oppure si può cercare di praticar­le come esercizio quotidiano per settimane o mesi, esercitandole sistematicamente durante il giorno, in determinate situazioni di dia­logo o in occasione di incontri. In tal modo si impara che i pensie­ri sono una realtà, e si sperimenta che, qualcosa che all’inizio si è solo pensato, a poco a poco diventa una qualità fondamentale, vale a dire una parte della propria identità. In questo modo si impara a destare in modo sempre più lucido il proprio essere nella sfera spi­rituale e del pensiero, sviluppando pensieri chiari e sensazioni niti­de. Al contempo si sperimenta però che le qualità negative, ego­centriche ed istintive, diventano a loro volta più forti e si contrap­pongono ai nostri sforzi. Questo, da una parte, ha a che fare con il fatto che si diventa più sensibili e percettivi per tutto ciò che è negativo e si sperimenta in modo più cosciente il contrasto con le qualità positive; dall’altra, tramite gli esercizi, l’elemento animico­spirituale diventa più libero e più autonomo nei confronti del corpo, lasciando a quest’ultimo la possibilità di fornire una mag­giore resistenza tramite gli istinti che in esso sono innati.

È perciò importante rispettare determinate condizioni che ser­vono per ottenere un sano equilibrio e predispongono a buone abitudini, che diventeranno poi un sostegno nelle differenti circo­stanze della vita. Si tratta delle cosiddette sette condizioni per il cammino interiore. Esponiamo queste condizioni qui di seguito, poiché esse sono al contempo sette atteggiamenti etici fonda­mentali, che possono essere esercitati individualmente o nel socia­le; essi aiutano a coltivare la sostanza di una profonda moralità nei confronti dell’uomo e del mondo, e a curare su tale base la salute fisica, psichica e spirituale.

Steiner nota al proposito:

«Va sottolineato che di nessuna di queste condizioni si richie­de il completo adempimento; si richiede unicamente lo sfor­zo verso un tale adempimento. Nessuno può adempiere com­pletamente a queste condizioni, ma ognuno può incammi­narsi sulla via del loro adempimento. Ciò che importa è la volontà, l’intenzione di avviarsi su quella strada.»

Rudolf Steiner, O.O. 10, pag. 85.

SETTE CONDIZIONI
PER UN SANA EVOLUZIONE

«La prima condizione è di porre attenzione alla salute del corpo e dello spirito. Non dipende naturalmente da noi avere più

o meno salute. Ma ognuno può cercare di migliorarla. Soltanto ad un uomo sano può giungere una sana conoscenza».

Si potrebbe pensare che tali parole invitino semplicemente ad un salutismo egoistico. Poco dopo però troviamo la descrizione di come possiamo trovare il giusto equilibrio tra piacere e dovere. Corpo e psiche sono impegnati nel lavoro quotidiano, e avviene che spesso per il dovere bisogna pensare meno alla propria salu­te. Si rinuncia forse a un pranzo o bisogna stare alzati fino a tardi,

b. o anche tutta la notte, per finire un lavoro. In effetti accade spes­so che il lavoro ci chieda di non badare alla nostra salute. Ma le forze che agiscono in senso patologico devono essere poi riequi­librate tramite un giusto rapporto con il piacere. Possiamo impa­rare a godere intensamente di qualcosa, ma in modo tale che que­sto gusto ci dia la forza di fare meglio e con più gioia il nostro lavo­ro. Si tratta di imparare a non cercare mai il piacere fine a se stes­so, cosa che porterebbe via forze, ma di imparare a fare in modo che l’esperienza del piacere sia fonte di nuove motivazioni per la nostra vita e per la nostra evoluzione. Per persone che non rie­scono a rilassarsi e a godersi la vita, è molto importante chiarirsi che il piacere è una delle condizioni basilari per il mantenimento della salute di cui hanno bisogno anima e corpo. Il problema è ora di mantenere sempre una vigilanza secondo il motto: «Si dovreb­be smettere di mangiare, quando il cibo ha il massimo gusto.»

Se nel godimento superiamo questo punto (per esempio facendo ricorso a droghe o a generi voluttuari che nuocciono alla salute) dobbiamo cercare riposo e soddisfazione in altri ambiti.

«La seconda condizione è quella di sentirsi parte della vita col­lettiva. L’adempimento di questa condizione ha moltissimi signifi­cati, e un singolo individuo può adempierla soltanto nel proprio modo. Se sono un educatore, e il mio allievo non corrisponde a ciò che io desidero, non devo rivolgere il mio risentimento contro l’al-lievo, ma contro me stesso. Devo sentirmi talmente unito con l’al-lievo da chiedermi: Ciò che difetta all’allievo non è forse conse­guenza dell’opera mia? Invece di risentirmi con lui, rifletterò piuttosto su come io stesso mi debba regolare affinché in avveni­re l’allievo possa corrispondere meglio alle mie esigenze. Da un simile atteggiamento viene gradatamente a trasformarsi l’intero modo di pensare dell’uomo. Questo vale tanto rispetto agli eventi piccoli, quanto ai grandi. Con tale disposizione considero per esempio un malfattore diversamente da prima. Trattengo i miei giudizi e dico: Io sono soltanto un uomo come lui. Forse solo l’e-ducazione che le circostanze mi hanno permesso di avere, mi ha salvato da un destino pari al suo.Arrivo allora anche al pen­siero che questo mio fratello sarebbe divenuto diverso, se i mae­stri che hanno diretto le loro cure su di me, le avessero rivolte a lui. Rifletterò che mi è stato concesso qualcosa che a lui è stato sottratto, e che vado appunto debitore della mia virtù al fatto che egli ne è rimasto privo. Non sarà allora lontana da me l’idea che io sono un membro dell’intera umanità e perciò corresponsabile di tutto quello che succede» (ibidem).

Chi esercita questa condizione, nota, persino con un certa sor­presa, con quanta forza essa agisce nel suo comportamento. Se qualcuno mi fa arrabbiare e io reagisco sullo stesso piano, la situa­zione può facilmente avere un’escalation, e sfociare in un attrito permanente. Si cerchi allora di fare in modo che l’offesa non sca­teni una controreazione, ma ci si ponga la seguente domanda: Che cosa deve essere successo in lui/lei, che cosa ha vissuto forse a casa, per fare in modo che la sua soglia di reazione sia così bassa, tanto da rispondermi in modo così insolente?. Anche quando non si può rispondere a queste domande, già il fatto di porsele in modo onesto e di non giudicare l’altro, ha un grande valore. Non raramente succede, che l’altro dopo un po’ di tempo cambi il proprio atteggiamento.

Ciò è direttamente correlato con la terza condizione per la disciplina occulta:

«Il discepolo deve potersi elevare all’idea che i suoi pensieri e i suoi sentimenti hanno per il mondo altrettanta importanza che le sue azioni. Devo riconoscere che odiare il prossimo è altrettanto nocivo quanto colpirlo. Allora arriverò anche a comprendere che quando lavoro al mio perfezionamento, compio un’opera utile non soltanto per me stesso, ma anche per il mondo. Dalla purezza dei miei sentimenti e dei miei pensieri il mondo trae altrettanto vantaggio quanto dalla mia buona condotta» (ibidem). Quanto i buoni pensieri e i buoni sentimenti possano essere efficaci per gli altri, lo sa chiunque abbia intorno a sé persone a cui egli pensa con amore, rispetto e stima. I bambini a cui viene portato incon­tro un amore pieno di rispetto, crescono in un’atmosfera di baluardo morale, che permette loro di affrontare le contrarietà quotidiane e le esperienze ansiogene, con una sicurezza comple­tamente diversa da quella che avrebbero senza questa difesa.

La quarta condizione è quella di appropriarsi della «Convinzione che la vera entità dell’uomo non risiede nel suo essere esteriore, ma nel suo essere interiore. Chi considera se stes­so soltanto come un prodotto del mondo esteriore, come un risul­tato del mondo fisico, non può combinare nulla nella disciplina occulta. Il sentimento della propria essenza animico spirituale è alla base di tale disciplina. Chi arriva a questo sentimento diventa capace di distinguere fra il dovere interiore e il successo esterio­re. Impara che l’uno non può essere direttamente commisurato all’altro. Il discepolo dell’occultismo deve trovare la giusta via di mezzo tra ciò che le condizioni interiori gli impongono e la con­dotta che egli ritiene di dovere seguire. Non deve imporre alle per­sone che lo circondano ciò che esse non sono atte a comprende­re; deve però essere completamente libero dal desiderio di fare soltanto ciò che può essere apprezzato dalle persone che lo attor­niano. Deve cercare il riconoscimento delle sue verità unicamente nella voce sincera della sua anima che lotta per la conoscenza. Deve imparare quanto più gli è possibile da ciò che lo circonda, per scoprire quello che gli può giovare e riuscire utile. In tal modo svi­lupperà in sé stesso ciò che la scienza occulta chiama bilancia spi­rituale. Sopra uno dei piatti della bilancia sta un cuore aperto alle necessità del mondo esteriore, sull’altro fermezza interiore e incrollabile perseveranza (ibidem).

La quinta condizione è «La costanza nell’esecuzione di una deci­sione presa. Nulla deve indurre il discepolo ad abbandonare una decisione presa, tranne la constatazione di essere caduto in errore. Ogni decisione è una forza, e anche se questa forza non porta a un risultato immediato nella direzione desiderata, essa nondimeno agi­sce a suo modo. Il risultato ha importanza decisiva solo quando si compia un’azione per brama. Ma le azioni compiute per brama non hanno alcun valore rispetto al mondo superiore. Qui è importante solo l’amore verso un’azione; in tale amore deve esplicarsi tutto ciò che spinge il discepolo a un’azione.Allora non si stancherà di con­tinuare a trasformare sempre le sue decisioni in azione, malgrado i numerosi insuccessi che potrà avere sperimentato» (ibidem).

La sesta condizione: «Una sesta condizione è lo sviluppo del sentimento di riconoscenza per tutto ciò che l’uomo riceve. Bisogna sapere che la propria esistenza è un dono dell’intero uni­verso. Quanto mai occorre perché ognuno di noi possa ricevere e conservare la propria esistenza! Di quanto mai andiamo debitori alla natura e agli altri uomini! A tali pensieri devono essere dispo­sti coloro che vogliono coltivare la disciplina occulta. Chi non sa abbandonarvisi, non è capace di sviluppare l’amore universale che è necessario per arrivare alla conoscenza superiore. Qualcosa che io non amo, non mi si può manifestare; e ogni manifestazione deve colmarmi di gratitudine, perché attraverso essa io divento più ricco» (ibidem)

E infine leggiamo:

«Tutte le condizioni citate devono riunirsi in una settima: quel­la di considerare costantemente la vita alla stregua delle condizio­ni precedenti. Con ciò il discepolo si procura la possibilità di dare un’impronta unitaria alla propria vita. Le sue diverse manifestazio­ni nella vita saranno fra di loro in armonia, non in contraddizione. Egli si troverà così preparato alla calma che gli occorre consegui­re durante i primi passi nella disciplina occulta» (ibidem).

Dopo avere considerato il cammino da fare per coltivare un’autoeducazione, ci è chiaro che, in quanto esseri umani, siamo imperfetti, ma anche e soprattutto che siamo in grado di evolverci. Comprendiamo sempre più profondamente la nostra umanità se siamo disposti a pensarla, a sentirla, ad esercitarla e a cercarla senza sosta. Se coltiviamo queste qualità, acquisiamo sempre più salute in tutte e tre le sfere della nostra esistenza: fisica, psichica e spirituale. Inoltre sviluppiamo un atteggiamento etico di base che, in tutti i campi della vita, può promuovere lo sviluppo della nostra umanità. In questo contesto ci sia consentito indicare un libro appena uscito, in cui viene descritto nei dettagli lo sviluppo di questo sano e fondamentale atteggiamento etico: Netzwerk Menschlichkeit.

* Michaela Glöckler, pediatra. Medico scolastico nelle scuole Waldorf dal 1978 al 1988. Dal 1988 dirige la Sezione di Medicina della Società Antroposofica Universale, presso il Goetheanum a Dornach (CH).Tra i suoi scritti troviamo, tradotto in italiano, il libro: “La salute del bambino”, realizzato in collabora­zione con il dr.Wolfgang Goebel,Armando Editore.

* La resilienza è tecnicamente la proprietà di un materiale di assorbire un urto senza rompersi.

BIBLIOGRAFIA

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Glöckler, M.: Gesundheit und Schule, Dornach 1998, Verlag amGoetheanum.

Glöckler, M. (Hrsg.): Netzwerk Menschlichkeit, Dornach 2001,Verlag am Goetheanum.

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Jonas, H.: Der Gottesbegriff nach Auschwitz, Frankfrut 1987, Suhrkamp Verlag.

Nefiodow, L.A.: Der sechste Kondratieff.Wege zur Prodiktivitätund Vollbeschäftigung im Zeitalkter der Information, Bonn2000, Rhein-Sieg Verlag.

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Opp, Freytag, (Hrsg.): Was Kinder stärkt. Erziehung zwischenRisiko und Resilienz, Basel 1999, Reinhartd Verlag.

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Steiner, R.: L’iniziazione (come si conseguono conoscenze dei

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