Per il sano sviluppo del bambino: appunti di pedagogia raccolti da Andrea Scicchitani per una conversazione sul tema

marzo 2005

Da circa cinquanta anni un gruppo di scienziati sta indagando per cercare di scoprire quali possano essere i fattori apportatori di salute, di un benessere sia fisico che psichico e spirituale (salutogenesi contrapposta alla patogenesi).

Dal principio patogenetico arriva il consiglio: “Vaccinati contro ogni virus influenzale, evita quanto più possibile lo stress e le preoccupazioni, quando non ti senti bene mettiti in malattia, tieni pronta una compressa per ogni malessere.”

Per il principio salutogenetico invece è importante porre la domanda: “Come posso imparare a venire a capo di tutte le situazioni che mi capitano nella vita, ad essere interiormente ed esteriormente flessibile? Come posso diventare tollerante verso le frustrazioni, verso lo stress, sviluppando un carattere stabile?”

Sul piano psichico, secondo il principio salutogenetico, dobbiamo creare un senso di coerenza, una percezione per la rete di fili che unisce fra loro tutte le creature. Solo quando l’uomo riesce a cogliere i grandi e piccoli nessi universali della propria vita, può trovare il senso della sua esistenza. Come si impara a sviluppare un senso di coerenza, di sintonia con il tutto?

Aaron Antonovsky, padre del paradigma salutogenetico, dice molto semplicemente: “ Il bambino, attraverso l’educazione, deve sviluppare una concezione del mondo appagante, soddisfacente. Deve poter imparare che il mondo è:

– comprensibile

– sensato, significativo, prezioso

– accessibile .”

In questo senso quindi, una concezione del mondo è soddisfacente se ci aiuta a trovare noi stessi e a stare nella vita in modo che essa abbia un significato.

La cultura, compresi i modelli educativi, riceve oggi una impronta macroscopica dalla scienza e dallo sviluppo tecnologico. I temi e i problemi che la vita presenta vengono affrontati con lo strumento peculiare della scienza stessa, con lo strumento conoscitivo, con il pensiero, eludendo così la possibilità d’indagine attraverso altre forze dell’anima, sebbene da qualche decennio sentiamo interventi nel campo della psicologia sulla necessità di usare, per una comprensione più ampia, l’intelligenza emotiva e il sentire del cuore.

In epoche passate, l’anima umana veniva nutrita con strumenti diversi; le immagini, i simboli, i riti erano anch’essi mezzi di trasmissione di conoscenza e di sapere.

Nell’anima umana troviamo, a diversi livelli, sia il nostro vissuto individuale che quello storico-evolutivo dell’intera umanità. In ogni uomo è presente il bambino, il giovane, l’adulto.

Nella prima infanzia il bambino vive in connessione con il mondo intero, condotto dall’esterno in una sorta di realtà paradisiaca (o così dovrebbe esperire); quando va a scuola inizia il suo viaggio nel cammino terrestre, e poi gli si “aprono gli occhi”, si avverte come individualità staccata dal mondo in una sorta di dualismo, tra il sentirsi dentro soggetto e il desiderio di indagare il fuori, l’oggetto. Arriva quindi “il crepuscolo degli dei”, fino a percepirsi nella pre-pubertà, in una sorta di antico romano, a scoprire con più consapevolezza l’esigenza di regole di convivenza e la nascita del diritto e della legge. Ecco apparire nel giovane le prime forme di giudizio e la prima manifestazione di un pensiero autonomo.

La pedagogia steineriana, tenendo presenti le varie fasi evolutive e come ogni età si manifesti con caratteri specifici, aiuta gli educatori ad utilizzare strumenti e contenuti che corrispondano alla singolarità di ogni età.

Per stimolare una sana vita volitiva, tipica della prima infanzia, ci si appella all’imitazione e all’esempio; per risvegliare una sana vita di sentimento si scelgono immagini e simboli appropriati; per maturare la vita di pensiero si ricorre alla trasmissione di conoscenze e di rappresentazioni.

Diventa così evidente che gli strumenti della scienza moderna sono adatti ai ragazzi più grandi.

Ogni educatore sa oggi quanto sia difficile far maturare l’anima del bambino nei confronti degli strati più profondi delle esperienze della vita, quanto sia laboriosa una educazione nella sfera morale. La pedagogia steineriana ci indica, appunto, la sfera del sentire e del volere come due sfere accessibili all’educazione non primariamente con rappresentazioni e conoscenze, bensì con immagini, con ritmi, con ripetizioni di gesti e di esperienze di movimento.

Educazione morale significa educazione della vita di sentimento e di volontà, uso consapevole di immagini, ritmi, ritualità.

Ecco allora il problema di una scelta: quali immagini hanno reale valore formativo? Quali ritmi corrispondono agli strati più profondi dell’anima, così da trasmettere forze di vita e non forze distruttive? Quali ritualità sono specchio della dimensione morale che si vuole richiamare e non di egoismo legato alla materia?

Il mondo attuale ci sommerge di immagini, dalla televisione ai fumetti, di ritmi musicali che muovono troppo spesso la sfera istintuale, di abitudini legate al benessere e alle pure esigenze materiali della corporeità: l’educatore è quindi posto davanti alla necessità di fare delle scelte consapevoli.

Un sano respiro attraverso ritmi equilibrati

La vita, dalla singola cellula fino agli organismi più complessi, è indissolubilmente legata a ritmi ben determinati. Quando i ritmi vitali e l’organizzazione temporale di una struttura vivente perdono l’equilibrio nelle loro reciproche ed armoniche interazioni, compare una disarmonia che può produrre malattia. L’estate e l’inverno, il giorno e la notte, il battito cardiaco e il ritmo del respiro sono solo alcuni esempi di realtà a cui siamo intimamente connessi. L’uomo adulto, con la sua coscienza, è in grado di modificare in parte le sue attività elaborando ritmi di vita diversi da quelli imposti dal mondo della natura; il bambino non è in grado di fare ciò. Il bambino piccolo, dalla nascita, ha la necessità di armonizzare il suo respiro, di crescere portando il suo essere dalla più totale aritmia ad un ordine superiore. Qualsiasi attività che si ripete con ritmo e regolarità nel corso della giornata agisce rafforzando la costituzione del bambino; occorre equilibrio tra i momenti del sonno e della veglia, tra i momenti di azione e i momenti di pausa.

Nella scuola, la celebrazione delle feste dell’anno, pilastri dello scorrere del tempo, dà all’andamento scolastico armonia e un senso di continuità.

L’anno scolastico e la giornata scolastica hanno bisogno di essere strutturati in modo organico, che stabilisca un sano equilibrio tra concentrazione ed espansione, tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, tra movimento e riposo, tra ascolto e partecipazione, tra guardare e fare.

Ogni singola lezione dovrebbe impegnare in modo equilibrato il pensiero del bambino, i suoi sentimenti e la sua volontà.

L’insegnante adatta le diverse attività alla capacità di attenzione di una classe e può modificarle secondo le necessità. La qualità che vive in un gruppo di bambini il lunedì mattina è diversa da quella del venerdì. Questi fattori, per esempio, giocano un ruolo nella pianificazione delle lezioni.

Ogni giornata scolastica inizia con una lezione modulare di due ore, chiamata “lezione principale”. Questa unità didattica è esaustiva di varie aree del piano di studi (italiano, matematica, storia, geografia, zoologia, botanica, ecc.) e comprende: attività che servono a risvegliare e focalizzare l’attenzione degli alunni, pratica orale e scritta di abilità di base, calcolo mentale, disegno, presentazione dei nuovi argomenti, ripresa e discussione del lavoro del giorno precedente, attività individuali, conversazione, narrazione e lavoro pratico.

Al mattino, viene data precedenza alle discipline di base, mentre i pomeriggi vengono solitamente dedicati alle arti e alle attività manuali, alle attività all’aperto, allo sport e al lavoro pratico. Materie come musica, euritmia e lingue straniere, da cui i bambini traggono beneficio con una pratica sistematica sono, se possibile, regolarmente esercitate nella parte centrale della giornata. Nel preparare l’orario scolastico si tiene prima di tutto conto delle esigenze delle prime classi, per le quali un ritmo equilibrato di lezioni ed attività pratiche è particolarmente importante. I ragazzi più grandi sono, di solito, in grado di far fronte a condizioni meno ideali.

L’alternanza tra il dimenticare e il ricordare è un ulteriore importante ritmo da tenere presente. “La notte porta consiglio” è uno dei detti della saggezza popolare.

A questo motivo possono ricondursi le diverse epoche di lavoro, nei vari periodi dell’anno, sulle materie.

Tutti sperimentano il fatto che lo stato di coscienza di sonno porta con sé un chiarimento, una trasformazione. Al termine dimenticare dobbiamo associare il concetto di digerire. I contenuti consolidati non scompaiono ma riaffiorano alla superficie della coscienza. Per contro, l’incapacità di ricordare dimostra o che la percezione e l’esperienza non sono entrate profondamente nel bambino, oppure che il calore dell’interesse non le aveva pervase. Per coltivare la memoria e acquisire delle facoltà, un giusto dimenticare è altrettanto importante di un saldo ricordare.

Piccoli riti quotidiani per aiutare il bambino a cogliere la dignità umana

Nella nostra scuola, oltre alla celebrazione delle grandi festività, sono molteplici i momenti dove si porta l’attenzione su gesti e forme che, se continuamente riattualizzati, possono trasmettere un vissuto pregno di sentimento e di moralità, in sintonia con l’ideale pedagogico; possono vivificare sane abitudini, dare un senso al proprio lavoro e alla vita della comunità.

Ogni mattina, alle otto, un insegnante apre la porta d’ingresso e comincia a salutare i bambini, disposti in fila, con una stretta di mano e uno scambio di auguri per una buona giornata.

“Salute! Salve!” era l’augurio che veniva donato per richiamare gli esseri spirituali ad accompagnare l’uomo, recando la loro benedizione. E’ nostro compito stimolare i bambini per un’accoglienza dell’altro non convenzionale, con un saluto caldo che possa permettere un reale incontro tra gli uomini.

Prima di cominciare la nuova giornata, viene accesa la fiammella di una piccola candela. Il momento è intenso, ognuno sa e sente che è arrivato il tempo di interrompere le chiacchiere e i giochi. Ci prepariamo, nel ricordo della grande Luce, ad entrare nello spazio sacro del nostro lavoro. Solo attraverso il lavoro quotidiano possiamo costruire qualcosa di nuovo, per noi e per il mondo. Viene quindi recitata la poesia del mattino:

Del sol l’amata luce

il giorno mi rischiara,

dell’anima la forza

agli arti dà vigore.

Nello splendor solare

onoro, o Dio, la forza

che Tu benevolmente

nell’anima ponesti,

che io sia laborioso

di apprendere desioso.

Nascon così da Te

la luce ed il vigore,

fluisca ognor a Te

riconoscenza e amore

Al momento del pranzo, dopo la preparazione dell’aula, ecco un altro momento di silenzio e di raccoglimento; dobbiamo imparare a tenere a bada gli istinti, a superare l’animalità, e, prendendone le distanze, leviamo un ringraziamento per ciò che troviamo in tavola:

Terra,

tu il cibo hai dato!

Sole,

tu l’hai maturato!

Cara Terra, Sole amato,

il mio cuor

vi è tanto grato.

Per concludere la giornata, ancora un breve momento di riflessione, una piccola retrospettiva; forse non tutto è funzionato per il meglio, dobbiamo sistemare alcune cose nel comportamento, nell’attenzione, nel lavoro, ma abbiamo comunque fatto un piccolo passo in avanti. Con i bambini più piccoli, delle prime classi elementari, è sufficiente recitare qualche versetto:

Di lavorare ho terminato

riposi adesso ciò che ho imparato

e viva nel chiuso del mio cuore

per darmi forza, saggezza e puro amore,

perché io sia buono nel profondo

per tutti gli uomini e per il mondo.

Comprendere il mondo attraverso la profondità delle immagini

“m’illumino d’immenso”

“il dolore è un muro tra due giardini”

“gli alberi sono poesie che la terra scrive in cielo”

Attraverso poche parole, poche frasi, seppur avulse da un contesto logico-concettuale, si possono evocare immagini in grado di muovere nelle anime la ricerca di molteplici significati, conformi allo stato di coscienza di chi le accoglie.

Nelle analogie, nelle fiabe, nei miti, nelle parabole, che rivelano in contesti di immagini un mondo di pensieri, abbiamo la possibilità di ascendere a una conoscenza ricca di complessità, percepibile in modo semplice e sintetico.

Il linguaggio immaginativo è particolarmente adatto allo stato di coscienza dell’infanzia.

Il mondo non può essere presentato al bambino in una forma astratta, razionale e priva di vitalità; bisogna rivolgersi soprattutto alla facoltà del sentire, con immagini e simboli i cui significati, nel tempo, potranno crescere insieme al bambino stesso. Occorre compenetrare l’insegnamento attraverso un processo artistico, così da trattare le diverse materie come strumento per educare e sviluppare l’uomo nella sua totalità.

L’insegnamento attuale, e più in generale tutta la formazione culturale del presente, si esplica nella direzione di uno sviluppo astratto-intellettuale, alla ricerca di analisi dei significati. Questo percorso può aver valore per un adulto che ha sviluppato un pensiero analitico, mentre il bambino non ha ancora maturato questa esigenza; il percorso temporale entro il quale verifichiamo che l’individuo raggiunge un’autonomia nella capacità di muoversi nel mondo, separarsene e analizzarlo, dura tre settenni, i ventun anni con cui, fino a qualche decennio fa, si raggiungeva la maggiore età. A quella età, i giovani saranno maturi in un sano pensare se avranno acquisito il rispetto per ciò che gli uomini del passato hanno conquistato per l’umanità.

Dal bambino che nell’interiorità è simile all’antico uomo immerso nelle immagini del mito, al fanciullo che vive dentro di sé dapprima la grecità e poi la romanità, arriviamo quindi al ragazzo chiuso nella pubertà, in una sorta di vissuto medioevale, alla scoperta del mondo attraverso le conquiste geografiche e l’impulso rinascimentale; diventa poi un sagace illuminista e un malinconico romantico. Solo superata la soglia della pubertà entrerà a pieno titolo nella sua epoca.

Nella scuola assumono così grande importanza i racconti, con le loro immagini, in sintonia con la crescita interiore del bambino.

Nella prima classe l’elemento narrativo attinge alle fiabe classiche (Grimm), dove si manifesta la lotta tra il bene e il male, con un superamento sempre positivo.

In seconda risuonano le favole, con gli animali che manifestano qualità animiche: l’astuzia della volpe, la stoltezza del corvo, la crudeltà del lupo, l’innocenza dell’agnello, la nobiltà del leone. Anche le piante parlano all’anima del bambino: il giglio della sua purezza, la violetta della sua timidezza, il girasole della sua solare potenza. Alle favole si alternano le vite dei grandi uomini del passato, personalità tese tra cielo e terra e che si prodigarono per i propri simili. Tra questi prevale la figura di Francesco d’Assisi.

In terza dominano le immagini della Creazione, la cacciata dal Paradiso e l’epopea del popolo ebraico, alla ricerca di se stesso.

In quarta troviamo la mitologia nordica, dove le divinità assumono un carattere umano e, dopo “il crepuscolo degli dei”, in quinta entriamo nella storia. Accanto alle figure mitiche di Eracle, Prometeo, ecc., si parlerà di Pericle, Temistocle, per concludere con Alessandro Magno.

In sesta entriamo nella storia romana e, fino ai giorni nostri, innumerevoli sono le biografie di individualità che possono trasmettere all’anima dei ragazzi, in cerca di ideali, un senso all’esistenza. “Ognuno deve scegliere il suo eroe e seguirlo sulla via dell’Olimpo.” (Goethe)