L’arte della parola | Il regno della parola

Maria Lucia Carones

Prima di parlarvi del ruolo che l’arte della parola ha nella pedagogia steineriana,vorrei soffermarmi sul tipo di linguaggio che usiamo quotidianamente per esprimerci. Per molti di noi la parola è solamente un mezzo di comunicazione: uno strumento usato più o meno meccanicamente. Per alcuni, invece, la parola assume un valore di cui si ha una certa consapevolezza. Questa consapevolezza fa sì che ci si preoccupi oltre che di “che cosa”, anche del “come” una cosa viene detta. Per un maestro, per esempio, indipendentemente dalla materia trattata, sarà importante non solo basarsi sulla forza dei contenuti, ma anche curare la forma che questi possono prendere. Per educare i bambini e saper suscitare il loro interesse occorre che il linguaggio, da un puro livello informativo, in cui spesso oggi si trova, si elevi e si trasformi in qualcosa di più artistico. Se siamo convinti di ciò, l’arte della parola può essere un aiuto sia per i genitori che per gli insegnati. Alcuni esercizi proposti da Rudolf Steiner ai primi maestri Waldorf ci permettono di scoprire, nell’ascolto e nella pronuncia, come i suoni dell’alfabeto muovano e conformino, ciascuno a suo modo, l’aria che ci circonda. Sperimentare la morbidezza di una “m” e tutta la sua forza avvolgente, passare al sibilo incisivo della “s”, assaporare con tutti noi stessi la diversa musicalità delle cinque vocali, espressioni del nostro mondo interiore fatto di passioni, gioie e dolori, è una sorta di iniziazione, una possibilità di risvegliarci a un mondo abitualmente frequentato, ma sconosciuto e misterioso nella sostanza. Un passo ulteriore è quello di rendere ampio e profondo il nostro respiro. Nel momento in cui riconosciamo la necessità di riconquistare questo terreno perduto e a tale fine indirizziamo la nostra volontà, il nostro risveglio si trasformerà immediatamente in un dono per gli altri. Un sano e calmo respiro in chi racconta una fiaba diventerà subito un calmo ed equilibrato respiro nei bambini che la ascoltano. La capacità di rendere viva e colorita una storia accenderà l’interesse e la fantasia. Aumentando la consapevolezza di ciò che stiamo dicendo, trasformiamo la parola in un’ arte: arte capace di rendere più cosciente il pensiero, più morbida e viva l’azione.

Arte della parola e arte dell’educazione

Helmut von Wartburg

Una leggenda orientale racconta che un giorno il califfo di Baghdad fece uno strano sogno. Gli pareva di aver perduto tutti i denti. Egli era preoccupato e fece venire un interprete di sogni e gli domandò quale fosse il significato di tale sogno. L’interprete dopo aver riflettuto un po’, gli rispose : ” Tutti i tuoi figli moriranno prima di te “. Questa risposta non piacque per niente al califfo, che fece decapitare l’interprete. In seguito pose la stessa domanda ad un collega dell’infelice interprete. Questi rifletté più a lungo e poi rispose : ” Tu, grande Califfo, sopravvivrai a tutti i tuoi figli !”. Questa volta il Califfo fu contento e diede all’interprete una borsa d’oro come ricompensa. Si può dire che questa leggenda sia un’illustrazione di una verità che Goethe ha espresso con le seguenti parole : ” Devi considerare il cosa, ma di più devi considerare il come ! ” ( Das Was bedenke, mehr bedenke wie ! ). E’ una verità spesso sottovalutata e non abbastanza rispettata, soprattutto nel campo pedagogico. Per ogni educatore un principio basilare deve essere questo : ” E’ importante, certo, dare agli allievi i contenuti giusti, ma ancora più importante è dare questi contenuti nel modo giusto. ” E questo modo giusto consiste in primo luogo nell’uso corretto della parola, visto che l’insegnamento e l’educazione si realizzano soprattutto attraverso il linguaggio. Come maestri di classe, durante otto anni, esponiamo il bambino per migliaia di ore al suono della nostra voce. E come genitori il tempo in cui esercitiamo un influsso sul bambino mediante il linguaggio si estende ancora di più. Per comprendere meglio la nostra responsabilità legata a questo fatto dobbiamo osservare quanto sia importante il ruolo che ha il modo di parlare nella vita quotidiana. Facciamo un esempio : noi assistiamo ad un convegno e sentiamo due conferenzieri che si pronunciano sullo stesso argomento, esprimono gli stessi pensieri, persino quasi con le stesse parole. Ma l’effetto che i due oratori hanno su di noi è molto diverso : il primo ci lascia indifferenti, le sue parole arrivano solo alle orecchie e non al cuore ; il secondo ci coinvolge dal primo momento con tutta l’anima. Quando poi ci domandiamo : “Perché questa differenza nell’effetto, visto che il contenuto era più o meno simile? ” Possiamo constatare che il primo oratore parlava molto veloce, mangiando molte parole o sillabe, con una voce monotona, non animata, né articolata, mentre l’altro aveva la voce sonora, con una certa risonanza, si prendeva il tempo per accentuare le cose importanti e per variare l’intonazione secondo il carattere del pensiero che stava esponendo ( va da sé che l’effetto descritto non avviene quando la vivacità e varietà del linguaggio hanno la coloritura di uno “show”, ma solo quando è l’espressione veritiera dei sentimenti che accompagnano i pensieri pronunciati ). Ma c’è di più : osservando l’effetto che le due allocuzioni hanno sul nostro stato animico possiamo constatare che durante la prima ci sentiamo oppressi, aggravati o anche agitati e innervositi, in relazione al nostro temperamento, mentre la seconda ha un effetto rasserenante e nello stesso tempo anche vivificante. Persone particolarmente sensibili possono anche sperimentare una ripercussione negativa o positiva sul loro benessere fisico. Se questo vale per noi adulti, ancora di più vale per i bambini. Essi vivono, come sappiamo, con molta più intensità nelle impressione dei sensi, e la dolcezza o durezza, la modulazione ricca o povera di una voce entrano non soltanto nel loro orecchio, ma in tutta la loro esistenza animica e persino corporea. Così possiamo ben comprendere perché Rudolf Steiner dava enorme importanza al modo di parlare degli insegnanti, ad un linguaggio coltivato, curato e artistico. Egli raccomandava alle maestre ed ai maestri gli esercizi che aveva dato per l’arte della parola e durante le due settimane di preparazione per l’apertura della scuola Waldorf di Stoccarda li fece esercitare quasi ogni giorno, proprio per accentuare l’importanza di tale lavoro per ogni pedagogo. Nel nostro tempo, in cui la vita è in larga misura influenzata o anche penetrata dal mondo della tecnica, i suoni predominanti nel nostro ambiente sono lo strepitare o crepitare delle macchine, lo stridere e il gracchiare degli apparecchi musicali, il rumore spietato delle macchine per lavori stradali ( o dei tosaerba ). Se per noi adulti il bombardamento di tutti questi suoni è fastidioso e insopportabile, per i bambini, che assorbono indifesi e riproducono nell’imitazione ogni impressione che arriva loro da fuori, questo rumore, questo crepitio continuo diventa parte della vita animico-corporea. E infatti oggi capita di incontrare anche bambini molto piccoli che hanno già una voce stridula o dura, o persino metallica. Quale felicità ci può dare la voce leggera, angelica, pura e limpida di una bambina di cinque o sei anni ! Ci sentiamo per un momento sollevati dalla pesantezza e gravità di questa nostra vita terrestre, trasportati in un mondo celeste e sereno. Ora un fenomeno come quello descritto potrebbe farci perdere la speranza per il futuro dell’umanità. Dobbiamo chiederci se la durezza della voce di cui abbiamo parlato è un segnale che anche nell’anima di questi bambini qualcosa si è già indurito, meccanizzato. E se fosse realmente così come saranno, come agiranno questi bambini quando saranno più grandi ? Tanti altri fenomeni ci mostrano che nel profondo delle anime di quei bambini stessi c’è un nucleo, un bocciolo che vuole dispiegarsi in una umanità pura e luminosa. A confermare questo voglio menzionare una esperienza che ho fatto più volte negli ultimi anni e che ognuno può verificare. Stiamo davanti a un gruppo di bambini fra i quali ce ne sono alcuni già molto orientati in quella direzione critica. Se ora riusciamo a raccontare loro una vera fiaba potremo constatare che tutti ascoltano con grande attenzione e potremo “leggere” nei loro occhi, nell’espressione dei loro visi che sta schiudendosi nelle loro anime quel briciolo di vera umanità cui abbiamo parlato, tali esperienze possono darci la sicurezza che anche nelle anime apparentemente danneggiate dallo spirito materialistico del nostro tempo rimane un residuo indistruttibile di forze buone, sensibili alle cose belle e ideali. Il nostro compito come educatori è dunque vivificare, far crescere e far fiorire queste forze buone. E nella pedagogia Waldorf ci vengono dati validi mezzi per realizzare questo, come il racconto di storie suggerite da Rudolf Steiner per le varie età : fiabe, leggende, miti, ecc…… Altri mezzi altrettanto efficaci sono le diverse attività artistiche. Alle arti tradizionali, scultura, disegno, pittura, musica, qui se ne aggiungono due nuove inaugurate da Rudolf e Marie Steiner : l’euritmia e l’arte della parola. Vogliamo ancora parlare di quest’ultima. Viene esposto nell’articolo di Maria Lucia Carones che cosa è l’arte della parola. Da parte mia vorrei aggiungere solo una cosa : ho lavorato in questo campo durante cinque decenni, con bambini, con ragazzi e con adulti; le esperienze che ho fatto mi hanno sempre dimostrato che questo lavoro in realtà ha la forza di cambiare qualcosa in tutto l’essere umano. Ho incontrato persone che dopo alcuni anni di partecipazione a questi studi mi hanno riferito che la loro vita ha ricevuto impulsi essenziali da questa attività artistica : che ha dato al loro pensare maggiore oggettività, al loro sentire più sensibilità per le sfumature animiche e più apertura verso l’altro uomo, al loro agire più fermezza e sicurezza. Tutto questo è dovuto al carattere terapeutico che ha l’arte della parola nel nostro tempo. La cultura di oggi ha la tendenza ad ottundere e assopire i pensieri, i sentimenti, la volontà dell’uomo. L’arte della parola invece, con l’intenso lavoro su noi stessi, dà impulsi forti nella direzione opposta : vivifica, risveglia, risana le anime. Ora, come possiamo usare questa arte della parola nella prassi dell’educazione ? La risposta a questa domanda ha due aspetti. Del primo abbiamo già parlato, riguarda l’atmosfera acustica che con le nostre parole, con la nostra voce noi riusciamo a creare intorno al bambino. Più questa atmosfera è compenetrata di vita, di espressività, di amore, meglio è per la crescita sana del bambino in tutti i sensi. Questo non significa che dobbiamo sempre parlare con toni dolci e suadenti. E’ chiaro che qualche volta dobbiamo anche rimproverare, punire, sgridare. Ma facciamolo sempre con una voce in cui si manifesti sotto la severità e persino sotto l’ira, un accento sottile di benevolenza e di amore. Chi ha lavorato un po’ con l’arte della parola saprà di sicuro quale valido aiuto tale lavoro può dare anche in questo. In genere noi non ci rendiamo conto in quale misura l’intelletualismo del nostro tempo abbia rovinato e mortificato il nostro modo di parlare, e quanto la nostra dizione abbia bisogno di quell’aiuto che l’arte della parola può darci. Il secondo aspetto riguarda come possiamo educare il bambino ad una buona dizione, sia nella recitazione, sia nella conversazione. Qui dobbiamo, come sempre nella pedagogia di Rudolf Steiner, rispettare la diversità delle fasi evolutive del bambino, Nelle prime classi i bambini hanno ancora una enorme facilità e disponibilità a immedesimarsi in quello che fa davanti a loro l’insegnante, L’era dorata del primo settennio, caratterizzata dall’abbandono incondizionato a tutto il mondo, ad ogni atto degli adulti, ha lasciato in loro ancora tanta spontaneità di imitazione che non occorre altro se non che l’insegnante stesso abbia una buona pronuncia, differenziata, suscettibile di variazione. I bambini con gioia e con meravigliosa spontaneità imitano la voce e il gesto dell’autorità amata e venerata. Quando assistiamo ad una festa del mese, per esempio, possiamo constatare facilmente, nelle prime classi, come la dizione della maestra o del maestro si rispecchi nella dizione dei bambini. In questa età anche l’educazione nel campo del linguaggio non richiede esercizi speciali, ma consiste soprattutto nell’autoeducazione dell’adulto. Totalmente diversa è la situazione quando si avvicina la pubertà. Chi ha provato la “fatica piacevole” di studiare una recita con una ottava classe avrà sperimentato quanto lavoro intenso e duraturo richieda questo compito: la pesantezza delle membra, l’aridità della voce richiedono degli sforzi enormi per essere superate. Non possiamo più contare sull’aiuto dell’imitazione. Quando pronunciamo con slancio e con un gesto grandioso la frase : ” Quale nobiltà in questa figura divina”, o con un atteggiamento di duro rifiuto le parole ” Va’ via, non voglio più vederti !” e facciamo ripetere questo ad un ragazzo di quattordici anni, il risultato all’inizio sarà miserevole. E comprendiamo subito che qui ci vorrà un lavoro di preparazione molto esteso e ben guidato. Rudolf Steiner ha dato un grande numero di esercizi per gli attori ( quasi tutti sono stati tradotti anche in italiano ). Nella seconda metà del secondo settennio è bene usarli anche con i ragazzi, e vedremo che hanno un grande valore educativo. Ci sono esercizi che ci fanno comprendere quale vita animica molto diversificata sia nascosta nelle vocali; altri che ci aiutano a immedesimarci nelle caratteristiche e nella espressività immaginativa delle consonanti; ma esiste anche qualche esercizio per entrare coscientemente nel mondo ricco e diversificato dei gesti. Si potrebbe parlare a lungo di questo lavoro, ma basti quanto detto perché molte cose, per essere veramente comprese, avrebbero bisogno di un contatto diretto “da bocca a orecchio “. Vorrei solo menzionare un ultima cosa assai importante. Bisogna assolutamente evitare ogni specie di routine. Un esercizio ripetuto quasi meccanicamente sempre con la stessa intonazione annoia, fa perdere la voglia e ha un effetto controproducente. Dobbiamo dunque lavorare in modo vivo con molte sorprese, inventare sempre nuovi modi di pronunciare lo stesso esercizio. Per esempio, alcuni si adattano bene ad essere recitati con le intonazioni dei quattro temperamenti, oppure un frase come ” Il reo ha rubato la porpora al Re !” , possiamo dirlo una volta come la direbbe l’Accusatore dello Stato, poi il Giudice, poi la figlia del Re, poi il fannullone che parla con il suo compagno, e ancora come una lavandaia riferirebbe la notizia ad un’altra. Facendo con gioia e freschezza questi esercizi possiamo motivare i giovani a partecipare in modo allegro e vivace e quando prepariamo con loro una recita diamo un ulteriore sostegno. I ragazzi sentono la loro incapacità, e d’altra parte vogliono far bene la loro rappresentazione teatrale. Così sono contenti di poter esercitare la pronunzia giusta e l’espressività del linguaggio e del gesto perché capiscono che questo li aiuta a superare le difficoltà. Ma nel fondo dell’anima sentono anche che l’arte della parola ha un effetto benefico e dà loro un aiuto esistenziale per tutta la vita.